Liz Gilbert è una scrittirce newyorchese che ha tutto: successo, amici, un matrimonio felice. Finchè un bel mattino si sveglia ed apre gli occhi in tutti i sensi, scoprendosi vuota, irrealizzata, castrata da una società superficiale cui s’è adattata per esigenze di sopravvivenza. Per tacere del marito infantile ed inconcludente. Nel dubbio se proseguire la finzione per non perdere tutto quello che apparentemente ha o reinventare la propria vita partendo da zero, Liz sceglie la strada più difficile. Prende dunque un anno sabbatico intraprendendo un simbolico giro del mondo con tre tappe fondamentali: l’Italia, dove far pace col proprio corpo attraverso il rito liberatorio di mangiare a sazietà del buon cibo. Quindi, altri quattro mesi in India, presso la comunità di una guru suggeritagli da un attorino di belle speranze con cui Liz ha invano tentato di intraprendere una relazione dopo il divorzio. Infine Bali, dove conciliare la rinascita fisica e spirituale con l’aiuto di un simpatico sciamano incontrato l’anno prima per motivi di lavoro. E dove, naturalmente, Liz sarà chiamata a mettere in pratica in tempo zero quello che si presume abbia imparato e scoperto su se stessa e sul rapportarsi col prossimo. In poche righe, questa è la trama del nuovo film con Julia Roberts, uscito venerdì scorso (il 17, e già qui dovevo fiutare l’inghippo) e che sono andato a vedere in una delle mie amate salette di periferia, insolitamente riempitasi di spettatori d’ogni sesso e età probabilmente richiamati dalla Divina Julia, la quale è e rimane a mio insindacabile giudizio la più grande attrice vivente. Tuttavia, la platea non è rimasta gremita a lungo; già alla fine del primo tempo almeno una decina di persone hanno mollato il colpo e se ne sono andate borbottando. Difficile dar loro torto. Perché malgrado l’interessante spunto il film, tratto dalla biografia della vera Elizabeth Gilbert, è un polpettone mostruoso ed a più riprese imbarazzante. Nemmeno la verve di Julia, costretta a piangere o farsi venire gli occhi lucidi con una media inglese di dieci minuti per ogni cinque di sorrisi, riesce ad arginare la melassa tracimante che Ryan Murphy (già autore della nota serie televisiva “Nip/ Tuck”) non perde occasione di riversare sull’inerte spettatore per più di due ore. Una durata già eccessiva per reiterare il solito discorso sull’Amore come forza motrice di noi stessi e del mondo tutto. Se allo stucchevole messaggino aggiungiamo ambientazioni da cartolina e sottotrame che avrebbero esasperato la pur mite Pollyanna, il danno è fatto. Per le strade della Roma visitata da Liz non si vede una cartaccia per terra, un graffito su un muro, una qualunque scena di vita reale, o presunta tale, che non sia forzata oppure abbellita. Dunque l’Italia di Murphy è popolata di gggiovani simpatici ed apollinei cui fanno da contraltare genitori ottusi e legati morbosamente a tradizioni e saggezza popolare. Semplicemente agghiacciante, nel finale di trasferta, l’elogio dell’italiota sbrodolato da Giovanni/ luca argentero, amico- traduttore acquisito sul campo secondo cui siamo gente solidale, unita, aperta, dinamica. O sandro bondi ha revisionato il copione dell’adattamento italiano, o Ryan Murphy non vede altro che il TG1. Immagino comunque il popolo legarolo accusare la Roberts di tradimento per aver disertato le prelibatezze della padania, preferendo saltimbocca e pizza alla più salutare cassola e/o polenta & usei. Roma ladrona ha colpito ancora. Anzi, Roma mangiona. La parentesi indiana non va molto meglio, tra spiritualismo new age d’accatto e la solita polemica tra le righe sulla condizione delle donne in Oriente, non necessariamente medio. Impegno sociale facile facile che trova il suo apice nell’ultima parte del viaggio di Liz, la Bali dove le donne divorziate sono considerate reiette. Ma basterà una mail globale della Roberts agli amici incontrati strada facendo per racimolare una cifra da capogiro che garantirà all’amica balinese con figlia a seguito di costruirsi una casa da sogno e campare di rendita o quasi. Il finale non ve lo svelo per due motivi: primo, ne ho perso gran parte, essendo impegnato a tirare testate contro la poltrona di fronte, perché davvero non ne potevo più. Secondo, credo sia una di quelle cose che vanno (ri)viste coi propri occhi per poterci credere fino in fondo. E dare così una nuova interpretazione al titolo: Mangia (per tenerti sveglio), Prega (che il proiettore abbia un guasto possibilmente irrisolvibile), Ama (il momento in cui iniziano a scorrere i titoli di coda).
REGIA: Ryan Murphy
SCENEGGIATURA: Ryan Murphy, Jennifer Salt
ATTORI: Julia Roberts, James Franco, Billy Crudup, Javier Bardem, Richard Jenkins, Viola Davis, Luca Argentero, Arlene Tur, Tuva Novotny, Stephanie Danielson, James Schram
DURATA: 133 Min
-La notizia del giorno: berlusconi giura sulla testa dei suoi cinque figli che non si andrà al voto anticipato.
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