venerdì 25 giugno 2010

A volte ritornano- Il Catino Di Zinco

L’ho scoperta tardi, Margaret Mazzantini. E fosse stato per me non l’avrei forse mai scoperta, considerando la mia atavica allergia per tutto ciò che è italiano. Per fortuna provvide, in tempi non sospetti, una cara amica regalandomi “Non ti muovere”, da cui poi fu tratto il film con Penelope Cruz e Sergio Castellitto, che è accidentalmente anche il marito della Mazzantini. Mi colpì molto la confezione a forma di bara che l’amica realizzò per incartare il volume e, soprattutto, la sua successiva microrecensione: “la Mazzantini è una donna che scrive come un uomo, leggilo e vedrai che non riuscirai più a staccartene fino alla fine.” Neanche a dirlo, aveva perfettamente ragione: il romanzo mi rimase dentro (e rimane tutt’ora nella mia libreria dei preferiti) sia per il ritmo della narrazione che per la durezza della stessa, così lontana dagli stereotipi della narrativa femminile spesso relegata a storielle scialbe e melense. I protagonisti di “Non ti muovere”, l’insopportabile Timoteo e l’intollerabile Italia, affermato professionista con famigliola da mulino bianco lui e prostituta lei, travolti dal vortice di una passione extraconiugale destinata a finire tragicamente (ma non abbastanza: io li avrei ammazzati entrambi) mi irritarono non poco, ed in un mare magnum di storie che spesso scorrono via senza lasciare traccia alcuna è un risultato non da poco. Sufficiente comunque a spingermi a raccattare, avendone occasioni, altri volumi della stessa autrice. Come questo “Il Catino Di Zinco”, acquistato chissà quando in un mercatino dell’usato ed affiorato la scorsa settimana dalla mia scorta di libri da leggere. Ci stavo nuotado in mezzo alla ricerca de “L’Altra Casta” di Livadiotti, e mi sono ritrovato in mano anche questa manciata di pagine che ricostruiscono in retrospettiva la vita di Antenora, donna d’altri tempi sopravvissuta a piccoli e grandi drammi familiari sullo sfondo di una nazione prossima a precipitare oltre il baratro del fascismo e della guerra. A ricostruire la sua storia è la voce della nipote che la assiste negli ultimi giorni; la tentazione di precipitare nel melenso avrebbe fatto cedere altri, ma la Mazzantini già in questo suo primo romanzo non fa sconti né concessioni. Anche qui, ancora una volta, le parole prendono per il bavero il lettore e lo costringono a confrontarsi con una donna che ci viene mostrata senza indulgenza né pietà. Una donna, Antenora, capace di attraversare a piedi il paese devastato dai bombardamenti per impedire al giovane figlio Vittorio di unirsi alle ormai sbandate truppe fasciste con la stessa determinazione con cui, solo qualche anno prima, in un momento di rabbia aveva ucciso e cucinato il coniglietto cui Vittorio stesso teneva tanto. Nella cruda narrazione della nipote, sempre in bilico tra l’affetto ed il risentimento, la speranza e la rabbia impotente che si riversa sulla nonna ormai prossima a spirare, assistiamo alle piccole e grandi meschinità che hanno segnato due generazioni, senza doverci sorbire il solito contraltare di buoni sentimenti e storie a lieto fine. Margaret Mazzantini racconta la vita per quella che è con un serrato gioco di ambienti e di lessico, spesso appestato da parole ormai desuete o storpiate che s’infilano nella narrazione complessiva con la precisione di un filo che passa per la cruna di un ago destinato a pungere il lettore in profondità. Si sa già come andrà a finire la storia, è tutto già svelato dalla primissima pagina: la soddisfazione è scoprire come. E, soprattutto, è trovare finalmente un’autrice capace di toccare le nostre corde più sensibili senza alcuna delicatezza né voglia di rassicurare, per niente intimorita dall’idea di sbatterci in faccia la vita per ciò che è: come diceva qualcuno, non una serie infinita di disgrazie, ma sempre la stessa disgrazia. Ma si può riuscire a venirci a patti, in modo da arrivare alla morte se non sereni, almeno con la consapevolezza di aver fatto del proprio meglio, senza rimpianti. Insomma, se state cercando qualcosa di valido da alternare alle solite beotate dove i protagonisti, dopo mille traversie, arrivano al tanto sospirato ed improbabile happy end, tornate pure alla vostra copia del “Diario di Bridget Jones”. Ma se volete leggere qualcosa di autentico e forte, adesso sapete chi e cosa cercare.

“Il Catino Di Zinco”- Di Margaret Mazzantini (141 pagine, Marsilio editore, € 13.50)

-La notizia del giorno: l'italia eliminata dai mondiali. L'anno prossimo alcuni dei nostri calciatori militeranno nel campionato slovacco.

-La frase del giorno: “Non più cielo, non più alberi, non più baci… Niente. Così è la morte”. (M. Mazzantini)

5 commenti:

  1. La Mazzantini è davvero brava, oltre che bella, di una bellezza severa ed austera un po d'altri tempi, scrive bene, in modo incisivo ed asciutto arrivando al cuore delle cose e delle persone.
    Anche per me fu una sorpresa, lessi il primo libro per caso e mo colpì parecchio così ho cominciato a seguirla.
    La ditta Castellitto-Mazzantini funziona davvero bene lui bravo attore, lei dopo qualche esperienza recitativa si è dedicata, ed ha fatto bene, alla scrittura insomma la coppia di amici o vicini che tutti vorremmo avere.
    Troppo perfetti?
    A voler vedere bene un difetto ce l'hanno, fanno poca vita sociale! Oddio allora sono proprio perfetti! Due alieni!

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  2. DIVAGAZIONE SUL POST DI IERI.
    Ma caro Daniele il telegiornale non da solo brutte notizie e di persone che ammazzano per i motivi che ti hanno colpito ce ne sono davvero poche....la vita, credimi, non è un video gioco!
    Prova ad ascoltarlo con spirito diverso ti rivelerà miseria e nobiltà (poca per la verità) della nostra epoca.

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  3. Non ho mai letto nulla della Mazzantini, ma dopo questa tua recensione mi sa che ci farò un pensierino ;-) anche io mi sono stancata dei soliti happy end, che nella vita non esistono quasi mai. Pensiamo a questo punto a quanto illudiamo i bambini con le favole! La settimana prossima comincio il centro estivo, che purtroppo è proprio dedicato a queste ultime. A proposito, alla fine della settimana piazzo il mio ultimo commento mattutino. Ma quanto mi mancherà questo blog ogni mattina?! T.T

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  4. Non stento a credere che questo blog ti mancherà: ha una pessima mira. Specie la mattina presto, che è ancora mezzo assonnato. Ci lavorerò sopra durante le vacanze. Comunque non sottovaluterei l'impatto delle fiabe, almeno nella loro versione originale: i fratelli Grimm scrivevano veri e propri miniracconti dell'orrore. Che poi anni, per non dire secoli, di malintesa difesa dei minori da parte di conclamati minorati (<-- rima) abbia sputtanato tutto è un altro discorso che forse la mia ultima vittima vorrà illustrarci meglio. Un secondo che le tolgo il bavaglio. Sapete, quando le ho inilato schegge di legno grezzo sotto le unghie dei piedi ha cominciato ad urlare e non la smetteva più. Un fastidio... che mancanza di educazione. -_-

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  5. Infatti io non critico la versione originale, ma i soliti sdolcinati e forzati happy end che sono stati introdotti dopo. ;-)

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