Succede che mi chiedono se posso dare una mano a revisionare il manuale per un gioco di ruolo di genere horror- investigativo. Che è come chiedere ad un bambino se vuole fare un giro nella fabbrica di cioccolato di Willy Wonka (quello interpretato da Gene Wilder, però). Presi i contatti con chi di dovere, mi ritrovo con una sessantina di pagine da controllare per assicurarmi che non ci siano strafalcioni e che la punteggiatura sia tutta dove deve stare. E scopro che, tanto per cambiare, quello che pensavo sarebbe stato un lavoretto facile facile in realtà induce a sbattere la testa contro uno spigolo vivo. Più volte. Perché l’originale del manuale in questione è in inglese, e per non perderci troppo tempo è stato traslato in italiano tramite un traduttore automatico. Ora; se mai avessi avuto dubbi che la macchina non potrà mai svolgere un lavoro meglio di un uomo, questa è la prova del nove. Il replicante Rutger Hauer, alla fine di “Blade Runner”, affermava di aver visto cose che noi umani non possiamo nemmeno immaginare. Più modestamente, io ho visto “praticanti” trasformarsi in “studi”, barboni affrontarsi a colpi di spada e costruzioni sintattiche così astruse da rendere accessibile il cinema di David Lynch. Per dire, “Inland Empire” ha una trama lineare in confronto a certe descrizioni. Anzi, ha una trama, paragonato ad alcuni capitoli che ho dovuto letteralmente decifrare e riscrivere da zero. Non lo dico con rabbia né risentimento, e men che meno per vantarmi; anzi, per quanto impegnativo sia questo compito (e vi assicuro che lo è), sono molto contento di averlo accettato e di starci spargendo sopra bestemmie e risate in luogo dei più prosaicamente epici sangue, sudore e lacrime. Difficoltà come queste sono stimolanti, nonché un ottimo esercizio in un momento in cui la creatività è un po’ appannata dopo la conclusione de “L’altra”, che raggiunta la mezza dozzina di revisioni ancora non mi convince. Manca qualcosa, ma non so cosa; presumo che prima o poi lo capirò. Quel che so è che mi fanno tenerezza i volti sbalorditi di chi, chiedendomi quanto mi frutta in termini economici questa faticaccia, si è sentito rispondere “zero”. Cioè esattamente quello che guadagnerò una volta finito il lavoro (ammesso che non mi finiscano prima certe frasi che sembrano reggersi sull’assioma “butta le parole a caso, che poi ci penso io”). “Allora non è lavoro, se non ti pagano”, proclama qualcuno convinto a ragione che non di sola gloria si campi. Dimenticando però che solo le prostitute esigono un congruo pagamento in moneta sonante una volta espletato il compito. Sono un po’ puttana pure io, ma quando si tratta di dedicarmi a quello che amo ogni cosa diventa un pagamento. Anche solo un “bel lavoro” od un “grazie”. Personalmente, una volta terminata la revisione, sotto la colonna con la voce “attivo” in cima, potrò segnare la soddisfazione di aver aiutato degli amici, di essermi messo alla prova e di aver trovato degli spunti interessanti per qualche futura storia. Nel passivo, spero di non dover annotare l’insoddisfazione di chi questo lavoro me l’ha commissionato; per ora non è accaduto, speriamo di continuare così. Con la gloria non ti riempi la pancia; ma sapere di aver fatto un buon lavoro sicuramente rifocilla uno spirito perennemente in bilico sul baratro dell’insoddisfazione. Di questi tempi non è poco. Un pagamento più che adeguato. Il conto in banca? Può attendere.
-La notizia del giorno: il produttore di un film francese in corsa per gli oscar è stato escluso dalla competizione per aver denigrato “avatar”. Se tanto mi dà tanto, i prossimi post li inserirò dallo spazio profondo.
-La frase del giorno: “Lavoro senza gioia è ignobile. Lavoro senza pena è ignobile. Pena senza lavoro è ignobile. Gioia senza lavoro è ignobile.” (J. Ruskin)
venerdì 5 marzo 2010
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Age quod agis.
RispondiEliminaFa bene quello che stai facendo.
L'ormai morta lingua latina (la Gelmini l'ha tolta da un paio di indirizzi liceali) efficacemente indica un comportamento che dovrebbe essere inserito geneticamente alla nascita qualora sprovvisti.
E' così difficile oggi incontrare qualcuno che agisca in questo modo che ci viene naturale stupirci. Se, poi, dietro a tanto "sforzo" non vi è pecunia e praticamente impossibile accettarlo.
Che tristezza!
Il mondo del lavoro è spesso fatto di eterni insoddisfatti, sovverchiati dal peso di quotidianità priva di stimoli, subita, detestata.
Cambiare! Troppo complicato, troppo impegnativo rimettersi in gioco, ad onor del vero troppe volte non esiste nemmeno la possibilità di farlo.
Ma allora perchè non provare a mettere un poco di passione in ciò che "dobbiamo" fare.
Trovare un motivo alle nostre azioni, dare un senso alle piccole cose di ogni giorno e non solo ai nostri interessi, sempre di averne qualcuno.
Molti penseranno, ma caro Bobby chi te lo fa fare di scrivere ogni mattino qualcosa di senso compiuto in questo blog?
Molti si chiederanno ma non hai niente di meglio da fare, dormi mezzora di più?
Molti, questi, andranno stamane al loro posto di lavoro incazzati perchè debbono affrontare un'altra giornata di m......!
Allora, forse, cercare, anzi meglio, dare un senso alle nostre azioni, alla quotidianità persino agli obblighi, non è tempo "buttato" ma è un valore aggiunto alla nostra vita. Una esperienza in più che ci ripaga degli sforzi, delle giornate no con cui combattere, dei desideri inappagati, del peso in alcuni giorni della vita stessa.
Ricorderei quello che diceva Erasmo da Rotterdam "In ogni attività la passione toglie gran parte delle difficoltà".
Allora buona passione a tutti.
Boyofthetime
Con " chi te lo fa fare di scrivere ogni mattino qualcosa di senso compiuto in questo blog" (posto che sia tutto da dimostrare che ciò che dico abbia senso ancorchè compiuto) stai cercando un modo soft per dirmi, come il Funari di guzzantiana impronta, che ho rotto i coglioni?^^
RispondiEliminaDirei di no, infatti come vedi mi delizio nel partecipare al tuo blog, quindi semmai è un incitamento a scrivere ancora a lungo le tue sensazioni e se vuoi a condividerle!
RispondiEliminaVado a mettere un po di "passione" nelle cose che ho da fare oggi.
Boyofthetime