Ho un problema. Me ne sono reso conto quando, sabato, parlavo di cinema con una amico che mi ha chiesto se mi fosse piaciuto anche un solo film girato negli ultimi dieci anni. Ho fatto fatica a rispondergli, a trovare anche una sola pellicola che mi abbia entusiasmato, senza necessariamente lasciarmi qualcosa. Esclusi i documentari ed i film a sfondo politico. Ho capito, in quel momento, che anche il senso critico può essere un problema. Specie se non si riesce a disattivarlo. Cosa di cui non sembro essere più capace. Quando è cominciata questa cosa non saprei dirlo; non saprei indicare il momento in cui sono passato dal vedere un film all’osservarlo, vivisezionandolo in ogni aspetto della trama, che forse per deformazione profesisonale è quello per me più importante. Fatto sta che che non riesco più a godermi nulla che abbia come scopo dichiarato il puro intrattenimento. Sono diventato refrattario alla banalità, a tutto ciò che è mainstream, a quelle forme di svago che sulle guide televisive venivano etichettati “per una serata senza pensieri”. Etichette, già. Parliamo anche di quelle. Un altro aspetto del problema. Perché io sono un garantista all’incontrario, fedele al motto “la cortesia viene concessa, il rispetto va guadagnato”. Quindi appiccico un’etichetta su qualunque cosa mi passi davanti. Anche senza conoscerla. Poi sta a lei dimostrarmi che avevo torto. Che ha delle qualità. Senonchè i miei standard sono eccessivi. Troppo elevati. Accompagnati, come ciliegina sulla torta, da una determinazione tranchant che qualcuno non a torto confonde con lo snobismo. La ritengo comunque preferibile all’ipocrisia; mi vergognerei di più ad essere uno di quelli che criticano la televisione e poi fanno la fila per vedersi l’ultimo film dei vanzina. Ma anche la mia ipercriticità sta divenendo insostenibile. Questo mio concentrarmi sui difetti piuttosto che sui pregi. Il mio pretendere sempre qualcosa che sia all’altezza. Il rifiuto sistematico di tutto, o quasi, quello che viene pubblicizzato fino alla nausea. Una volta riuscivo a destreggiarmi tra il bisogno di scollegarmi e concedermi una serata senza pensieri, e la fame di opere di qualità. Oggi qualsiasi cosa sia troppo leggero, quando non apertamente stupido, mi fa venire l’orticaria. Lo considero un insulto all’intelligenza, e per rifarmi la bocca, per leccarmi le ferite, fuggo in quello che la maggior parte della gente non conosce o non ricorda, ma possiede per me una dignità e validità infinitamente superiore. E se questa cosa mi capitasse solo con film, libri, fumetti eccetera, sarebbe il male minore. Se guardo con attenzione dentro me stesso, mi accorgo che ormai la mia ipercriticità si manifesta in ogni aspetto della mia vita. Nei rapporti interpersonali, nelle discussioni. Non riesco più a guardare uno spot televisivo senza analizzarlo in lungo e in largo. A godermi una canzone senza pensare a chi la canta. E per quanto possa essere gradevole, se la voce è quella di un amico della de filippi o un portatore sano di fattore x sarà irrimediabilmente merda alle mie orecchie, a causa del disprezzo che provo per… tutto questo. Per tutto ciò che mi circonda. Forse soprattutto per me stesso. Dico sempre che, come l’inflazione, esistono due tipi di vecchiaia; quella reale e quella percepita. E se l’età anagrafica fa di me un relativo giovincello, spiritualmente sono un vecchio rancoroso incapace di accettare il mondo attorno a sé. Mi ha chiesto il mio amico, sabato, perché non mi rilasso un po’. Ci provo. Vorrei tanto. Ma sembra che abbia scordato come si fa. Forse è solo una fase, e presto ci riuscirò di nuovo. Forse il riposo arriverà quando anch’io scollegherò il cervello e mi lascerò trascinare dalla corrente del quotidiano. Non come la maggior parte di coloro che si lasciano semplicemente vivere. Piuttosto come un tronco sradicato e devastato dagli eventi. Una cosa morta. Ecco. Forse devo solo aspettare di morire dentro del tutto per poter ricordare come vivere senza essere perennemente in conflitto con ogni cosa.
La cosa più triste? Il fatto che mi appaia come una prospettiva allettante.
-La ricorrenza del giorno: un sincero augurio a tutte le donne di passaggio, nel giorno a loro dedicato.
-La frase del giorno:”Tutti hanno storie di risvegli accanto a veri cessi. Non sospetti mai di essere tu il cesso accanto al quale si sveglia lei”. (D. Luttazzi)
lunedì 8 marzo 2010
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Caro Amico inizi la settimana certamente ripiegato su te stesso e con una dose di autocritica forse eccessiva.
RispondiEliminaPer prima cosa diffida e fuggi da chi ti invita alla leggerezza a "goderti la vita" ognuno di noi sa quale sia il suo "modo" di farlo.
Posso senz'altro concordare con te che spesso una certa capacita di Osservare sia difficile compagna nella vita, ma una compagna che può restituirti molto, anzi moltissimo.
Non cedere alla tentazione dell'omologazione, del tutti uguali per forza, e soprattutto non sentirti snob per questo.
Sine labe, senza nobiltà, la radice di snob, indicherebbe qualcuno che senza meriti si atteggia a tale. Il tuo modo di sentire e di sentirti non è sicuramente perivo di una "nobiltà" che viene dall'anima dalla conoscenza e coscienza di te stesso.
Certo è importante non avere pregiudizi anche culturali. Essere aperti alle novità da qualsiasi parte possano provenirci in un cammino di continua ricerca.
Anche io, spesso, mi trovo a mettere delle etichette su cose e persone, e lo faccio sempre con un certo disagio con me stesso, ma del resto è in fondo un esigenza quella di dare una forma un ruolo a quello che ci sta intorno.
Sai la cosa peggiore è che spesso mi rendo conto che i giudizi che esprimo sono esatti.
Questo, semmai, è il rimpianto e cioè che nessuno mi stupisca più, nessuno si mostri diverso da come appare e percepisco.
Più volte mi sono chiesto se la corazza che il tempo ci fa indossare sia stata la causa di questa sorta di disincanto, quasi sempre mi sono risposto, no!
E' difficile, sempre di più, trovare sensibilità nelle persone e nelle cose che le persone fanno, stupirsi difronte a qualcosa di inaspettato e commovente.
Una società come questa può dare solo frutti come quelli che ti spingono ad essere sempre più critico, più isolato, ma credimi non stai diventando "un vecchio rancoroso" stai affermando la tua individualità il tuo essere unico, ne meglio ne peggio di altri, solo diverso te stesso.
Personalmente ho smesso da tempo di preoccuparmi del buon senso comune, della felicità formato spot degli altri, continuo a vivere a modo mio, facendo i miei errori, lasciandomi scivolare addosso gli amabili consigli, e prendendo le mie solenni batoste, e ti dirò di più tutto ciò mi piace!
Un augurio a tutte le Donne, non obbligatoriamente nate tali, ma bensi a tutti coloro che dell'animo femminile, l'alma mater, hanno le caratteristiche sperando che domani non sia un'altro giorno, finiscano gli abusi, le violenze, lo sfruttamento e che il rispetto non appassisca in breve tempo come un mazzo di mimose.
Boyofthetime
Bè, nella condizione che hai descritto posso assicurarti che hai una buona compagnia.....buona, diciamo discreta.....cioè passabile.....vabbè la mia!
RispondiEliminaUgo
Penso che l'amico Bobby sia in buona compagnia, in fondo è bello pensare che ci sia più gente di quella che ci immaginiamo nella succitata "condizione".
RispondiEliminaBoyofthetime
"non volere che le cose accadano come tu desideri, ma desidera che avvengano come avvengono,e andrai avanti bene" Epitteto.
RispondiEliminaDaniela questo è davvero il segreto della felicità, o, comunque della cosa più vicina ad essa.
RispondiEliminaBoyofthetime
Senza parole. Grazie.
RispondiEliminaAnche io senza parole....
RispondiEliminaSupergatta