Avevo pensato, per chiudere in bellezza la settimana, di deliziarvi con una letterina che mi è valsa lodi imbarazzanti dai colleghi e l’ostracismo generale del sindacato (non solo aziendale, segno che quando mi ci metto anche i vertici o presunti tali perdono bussola, sestante eccetera). Invece eccomi qui ad aggiornarvi su “La Rivolta Delle Tenebre”; cambio di programma dovuto alla domanda di Lady Nosferatu su come procedesse la stesura ed alle considerazioni di Teresa sulla prima manciata di pagine che le ho inviato. Avere lettrici come loro è estremamente soddisfacente perché riescono sempre a porti il quesito al quale non avevi pensato, costringendoti a passare la giornata a fissare i torni come in trance per cercare di raccapezzarti. Nello specifico, la sassata è arrivata dalla mia amica e vittima, ma andiamo con ordine. La storia procede, almeno nella mia testa, e salvo imprevisti nel corso delle imminenti vacanze ne metterò per iscritto una parte considerevole, cosa che al momento non mi riesce di fare causa lavoro. Se non subentra la noia come al solito, per fine agosto conto di aver sottomano anche più di un centinaio di pagine. E forse in quel gruzzoletto sia io che Teresa troveremo la risposta all’osservazione mossami da quest’ultima circa le motivazioni che animano i miei personaggi, che apparentemente possono sembrare tutte uguali. Apparentemente. Ci ho riflettuto su parecchio, e devo dire che Teresa ha colto nel segno. Però mi sono ritrovato a fare un distinguo, che forse suonerà come un’arrampicata sugli specchi, tra “motivazioni” ed “obiettivi”. Spiego. E’ vero che alla fin fine gra parte dei protagonisti della saga puntano verso un determinato traguardo, perlopiù desiderio di potere e/o vendetta(quanto sono umani, questi esseri soprannaturali, eh?). Quel che li distingue l’uno dall’altro è il motivo per cui desiderano arrivarci. E spesso, strada facendo, persino io scopro che le cose stanno in maniera ben diversa da come avevo immaginato. L’ho detto spesso e lo ripeto: i personaggi vivono di un’autonomia insospettabile, che spesso nemmeno l’autore sa gestire. Chi ha avuto la possibilità (sfiga?) di leggere per intero o quasi il corpus delle avventure in cui compare Von Ordog, per esempio, è rimasto ogni volta spiazzato dalle sue reazioni, così apparentemente in contrasto con il suo modo di essere. Vero, Fredrick è essenzialmente un demone onnipotente e capriccioso che non tollera gli si mettano i bastoni tra le ruote e non aspetta altro che l’Armageddon per assaltare il paradiso e cancellare l’umanità dal creato. Questo perché dal suo punto di vista il paradiso è la fonte di ogni sua disgrazia, la più grande della quale è aver perso le uniche due donne che potevano condividere il suo concetto d’amore. Un lato del suo carattere che nemmeno io sospettavo, almeno fino a quando non ho scritto “Nel Nome Di Un Ricordo Inesistente”: se potesse guadagnarsi un buon ritiro con una persona capace di amarlo ed essere da lui amata così come gli Eterni intendono l’amore, Fredrick Von Ordog seguirebbe l’ultima guerra dalla veranda di casa, sorseggiando un calice di vino accanto alla sua signora. E sicuramente quella svolta non me l’aspettavo. Come non mi aspettavo che qualcuno credesse che Giustina si comporta come uno schiacciasassi psicopatico per far colpo su Fredrick e farlo innamorare di lei. Per carità: Giustina è una fanatica che l’amore vero non ha nemmeno avuto il tempo di scoprire cosa fosse. Le sue motivazioni sono molto più banali: coincidono con quelle del suo demoniaco padrone, ma unicamente per riflesso. Semplicemente, agisce come pensa che aggradi al suo Signore, rimuovendo fisicamente ogni possibile ostacolo sul di lui cammino, ma proprio questa attitudine la porterà a cadere in disgrazia. L’unico personaggio relativamente nuovo nella storia è Hazel Santalmässe, la reggente di Pfàffiberg, ameno paesino a ridosso della Svizzera che è anche porto franco per tutte le creature soprannaturali che per vari motivi non hanno altro posto dove rifugiarsi. Le motivazioni del suo agire ancora devo scoprirle del tutto, ma penso di averle almeno in parte intuite; Hazel è la classica persona convinta di dover fare qualcosa perché nessun altro può o vuole. Vittima di un delirio messianico- altruistico speculare a quello di Graf Orlock, il patriarca dei vampiri pronto a tutto pur di proteggere il proprio popolo, ed agli antipodi rispetto alla glaciale indifferenza di Emma Bathory. Ecco, se proprio dovessi trovare un personaggio privo di motivazioni, quella è senza dubbio Emma, perché il suo agire ed i suoi obiettivi mi sono del tutto sconosciuti. Ma sono personaggi tuoi, dovrai pur sapere quali sono i loro progetti, i loro caratteri, la loro personalità…Certo. Fosse così facile, avrei finito da tempo la stesura di tutti e dodici i volumi della saga ed in questo momento starei falciando il prato sottocasa.
Ma se la scrittura, e la creatività cui essa deve tutto, fossero questioni semplici, non avremmo così tanti pessimi libri in giro.
-La notizia del giorno: per bersani all'italia serve un governo di transizione, che duri qualche mese. Il pd pronto da tempo a ricoprire questo ruolo.
-La frase del giorno: “ Posso distruggere questo pianeta con un semplice pensiero,ma non ho potuto dare alla donna che amavo ciò che più desiderava.” (Fredrick Von Ordog da “Nel Nome Di Un Ricordo Inesistente”)
Se ogni scrittore maturasse dentro di sé i propri personaggi e si premurasse di scoprirli nello stesso modo in cui fai tu, avremmo molta meno roba scadente sui nostri scaffali..
RispondiEliminaVero. I personaggi di Bobby sembrano perfino realmente esistenti da come li descrive nel dettaglio. Fredrick mi ispira simpatia ;) certo per gestire così tanti personaggi occorre tempo, ma il tempo è uno degli elementi più importanti per la riuscita. Secondo me, più lo scrittore dedica tempo, più riesce a descrivere al meglio i suoi personaggi, a dargli vita.
RispondiEliminaEh, bobby è bobby!!! nn c'è nulla da fare :P!!!! vorrei saper scrivere bene come lui!!!! uff...
RispondiEliminaPartendo da Daniela, graditissimo ritorno nel blog: in effetti spesso si tende a fare confusione, nella convinzione che siano i personaggi al servizio della trama e non viceversa, col risultato che ciascun character perde la propria unicità ed indispensabilità. Ecco perchè di solito ci ritroviamo con personaggi che in realtà sono archetipi- fotocopia intercambiabili l'uno con l'altro e del tutto privi di personalità. Venendo poi a Mylady, in realtà il tempo è secondario. Quel che serve davvero, non mi stancherò mai di dirlo, è il rispetto per i propri personaggi, che devono essere lasciati liberi di agire per conto proprio e senza costrizioni. Altrimenti si finisce col lavorare per mesi/ anni su personaggi che alla fine risultano anonimi e piatti. Per finire, Daniele, non bisogna mai saper scrivere bene "come". La cosa fondamentale è leggere di tutto e poi maturare un proprio stile personale. "Ispirarsi a", mai "scrivere come". Di pessimi cloni son pieni gli scaffali, esattamente come di pessimi libri.
RispondiEliminaIntendi lasciar agire i personaggi anche con gesti che andrebbero contro il nostro modo di pensare, la nostra visione della vita? Spiegati meglio Bobby, visto che mi piace scrivere questo potrebbe essere un consiglio importante per me. =)
RispondiEliminaSoprattutto bisogna lasciarli agire con gesti che vadano contro il nostro modo di pensare. Lo scrittore pensa troppo spesso di essere un regista, mentre in realtà non dovrebbe essere altro che un narratore di quanto osserva accadere nella sua fantasia.
RispondiEliminabobby, tu trovi sbagliato creare senza aver una scaletta o sapere quanto mai come vada la storia prima di scriverla?
RispondiEliminaMah, credo che un metodo "giusto" non esista, come non ne esiste uno "sbagliato". Io personalmente non lavoro mai con una scaletta vera e propria; il massimo che faccio è scrivere un'idea quando mi viene in mente, secondo uno schema "a blocchi" che non segue un ordine cronologico (ovvero: dall'idea centrale si dipartono tot frecce, a ciascuna corrisponde uno sviluppo dell'idea che si interseca con un'altra idea, ma non ho idea della successione cronologica e, nove volte su dieci, la maggior parte di quelle idee non le uso mai). Tra l'altro, di solito la prima cosa che mi viene in mente è il finale, quindi di solito la storia la costruisco "a ritroso", sapendo dove andrò a parare ma lasciando ai personaggi il compito di arrivare al "traguardo" agendo come meglio credono...
RispondiEliminaUna specie di: Brainstorming, in sostanza. Sta cosa del finale è interessante. Come se partissi da un prologo... sicuramente per te è un metodo che funziona. Io di solito me lo invento sul momento, però alla fine finisco sempre cn il perdermi a metà. Ma questo lo sai ^^''
RispondiEliminaPerò attenzione, io parto dal finale nel senso che INVENTO PRIMA il finale, non che SCRIVO PRIMA il finale. Salvo rari casi (qualche racconto breve, "Le Sabbie Del Non Ritorno" e "Nel Nome Di Un Ricordo Inesistente", mi pare) il resto delle mie storie seguono il classico stile narrativo inizio- sviluppo- fine. Dipende anche molto dall'impatto e dal ritmo che voglio dare alla storia, ma se già sai dove si andrà a finire è molto più facile capire come ci si arriverà. Quanto al perdersi a metà... pensi che a me non sia mai successo? Sbagli. Mi succede ogni volta. Però scrivo lo stesso, poi al massimo riprendo il pezzo che non mi convince e lo modifico. Non crederai che ogni scrittore arrivi alla versione finale della sua opera al primo colpo?
RispondiEliminaAh, no! su questo nn ho dubbi!!! ho sentito di gente che prima di finire un racconto ha stravolto anche il tutto a metà... un racconto o romanzo può cambiare un milione di volte prima di metterci la parola fine.
RispondiEliminaUn racconto- romanzo DEVE cambiare un milione di volte prima di metterci la parola fine. Ed anche dopo. Altrimenti non merita nemmeno di essere scritto.
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