Ci sono dibattiti che mi appassionano molto, altri che mi interessano poco o punto, ed altri ancora che mi portano a cercare uno spigolo vivo contro cui battere ripetutamente la testa. Mio malgrado e nel mio piccolo sto diventando oggetto di questi ultimi; o meglio, lo stanno diventando alcune storie di “Racconti a Margine”. Sulle quali alcuni lettori hanno immaginato, o costruito, retroterra socioculturali alquanto impressionanti, in alcuni casi. Il problema è che nessuna delle storie presenti nell’ antologia ha di queste ambizioni. O, che se proprio ci sono, non era mia intenzione crearle. E sentirne parlare anche con un certo fervore, onestamente, mi lascia sbigottito. Non tanto per l’ analisi ardita dei racconti in sè; quanto per quella che sembra essere una necessità sempre più diffusa di appioppare un’ etichetta su tutto per catalogarlo. Qualcuno per esempio ritiene “Stanza 307” una storia blasfema, e mi ha caldamente invitato (diffidato? ) a non occuparmi più di temi religiosi. Qualcun altro invece ha esultato: finalmente qualcuno dice le cose come stanno davvero! Altri ancora mi hanno fatto osservare che la mia opera di critica e decostruzione di quanto riportato nelle sacre scritture non è del tutto rigorosa. Uhm. Sarà perchè non è un’ opera di decostruzione di quanto riportato nelle sacre scritture? Sarà che l’ intento non era di essere blasfemi, e men che mai di rivelare verità ? Sarà che “Stanza 307” è solo un racconto, anzi una scaletta di eventi in forma di racconto a mio uso e consumo (principalmente) e come tale va preso? Gli esempi sono vari: da presunte metafore dei fenomeni rondisti promossi dalla Lega ad allegorie sul degrado ambientale al grido d’ allarme sulla solitudine e sulle conseguenze a cui può portare. Adesso, amici e lettori, che spesso coincidete. Io apprezzo moltissimo il fatto che leggere dei racconti scritti “tanto per” vi porti a riflettere e porvi delle domande. Apprezzo anche che condividiate con me le vostre riflessioni e le vostre critiche. Ma posso invitarvi sinceramente a non strafare? A prendere “Racconti a Margine” come una semplice, banale antologia di narrativa fine a sè stessa che sì, avrà anche preso ispirazione dalla realtà (ma il più delle volte da altra fiction ) ma non per lanciare chissà quale messaggio criptato? Non fosse altro per non farvi fumare il cervello chiedendovi “ma cosa avrà voluto dire con la creatura di raschiando il fondo? Qual è il suo significato? Cosa rappresenta? “. Aspettate almeno che pubblichi un altro paio di romanzi prima di farvi venire un’ embolia. Quanto alla bestiola di “Raschiando il fondo”: rappresenta una creatura che si nutre di rifiuti. Punto. Nessun richiamo ecologista; semmai una provocazione che può tradursi nella domanda “l’ uomo è forse il più disgustoso dei rifiuti di questo mondo?” Ma forse. Se proprio ci si vuole sforzare di trovare un di più. Che quasi mai c’ è. Dico sempre che uno scrittore deve scrivere solo per sè stesso, per colmare un vuoto narrativo che a suo avviso esiste nel mondo letterario (parlo ovviamente della narrativa di intrattenimento e non della saggistica, che se fatta bene non ammette troppe flessibilità. ) L’ unico parametro di valutazione dovrebbe, anzi deve, quindi essere buono- brutto, scorrevole- contorto, leggibile- illeggibile. Il tutto preferibilmente argomentato, senza dimenticare che siamo nel campo sacro ed inviolabile del gusto personale. Certo è che nel momento in cui ci si comincia a chiedere se il racconto è di destra o di sinistra, filoleghista o filodipietrista, procapitalismo o procomunismo e via immaginando si commette un errore, soprattutto perchè si sposta il parametro di valutazione da quelli che dovrebbero essere gli unici da considerare. Mi torna in mente la bagarre che nacque intorno a “300”; si sprecarono fiumi di inchiostro e di fini pensatori per capire se fosse un film filoccidentale o filoislamico (come mai non filoorientale? Mah), pacifista o militarista, se fosse proamerica o antiamericano, se la ricostruzione storica fosse accurata o frutto di fantasia, e quindi se Miller fosse un autore valido o meno dal punto di vista storico. Chiunque abbia innescato questi dibattiti immagino non abbia mai letto la graphic novel da cui è stato tratto il film, altrimenti si sarebbe dato le risposte da solo anni fa, nel buio della sua cameretta. Oppure è semplicemente innamorato del suono della sua voce quando blatera (barrate la risposta esatta; io le ho segnate entrambe. ) Ma quasi nessuno, come troppo spesso capita, si degnò di dire è un film bello- brutto, girato male- girato bene, piacevole- insopportabile. Troppo semplice, va etichettato. Ecco, quello che vorrei evitare è che, nel suo piccolo, “Racconti a Margine” diventi oggetto di discussioni simili. Che gli si appiccichi sopra un’ etichetta diversa dalle uncihe che merita. Bello- brutto, leggibile- illeggibile, scritto bene- scritto male. E via di seguito. Sono solo questi i parametri che dovreste considerare ed approfondire, proprio perchè non trovo di alcuna utilità nè al libro nè al mio lavoro sapere se “Tra i salici” è di destra o di sinistra. E’ un racconto. Prendetelo come tale, mettetevi in poltrona e leggete sereni. Sforzandovi di divertirvi, più che di capire. Perchè ci può essere molto da dire (ed a quanto pare c’è), ma da capire quasi niente.Almeno a livello sociale- politico- antropologico- teologico- eviaetichettando.
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E comunque il contrario di buono è cattivo, e quello di bello è brutto, ho visto un pò di confusione nella prima parte :D Torna a studiare va!!!
RispondiEliminaMi sconvolge che tu esca dal tuo fancazzismo solo per regalarmi queste perle... =P
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