Prendo atto con una certa sorpresa che “Racconti a margine” continua a riscuotere consensi. La sorpresa non è data da falsa modestia, ma dal mio consueto atteggiamento per cui, di fronte ad un plauso, non mi dico “ma quanto sobbravo!” quanto piuttosto “ma com’ è possibile ?”.
Il fatto che uno dei racconti più amati, anzi forse il più amato in assoluto dell’ antologia sia “Comitato di quartiere”, invece, non mi stupisce più di tanto. E’ uno delle pochissime cose da me scritte che apprezzo. Badate bene che ho detto “apprezzo” e non “mi piacciono”. Per farmelo piacere davvero, avrei dovuto rimaneggiarlo ancora un bel po’. E probabilmente avrei finito per rovinarlo o snaturarlo; l’ incognita sempre in agguato per ogni scrittore. Mai esagerare col revisionismo e gli aggiustamenti narrativi. Una volta comunicato il messaggio, ammesso che ci sia, una volta raggiunto lo scopo, che non dovrebbe mai mancare per quanto modesto possa essere, salva, stampa e passa ad altro. Lo scopo di “Comitato di quartiere” è naturalmente quello di intrattenere piacevolmente per una mezz’ oretta. Quanto al messaggio... mah, non credo ce ne sia uno. Se c’ è, non l’ avevo programmato. Volendo forzare e trovarlo ad ogni costo, si potrebbe dire che nessuno come coloro che ci amano sono in grado di proteggerci. Che per amore si può fare qualunque cosa, anche rinunciare ad un’ umanità ingombrante che troppo spesso oggi fa rima con “conformità”. Non a caso un aspetto che tutti sottolineano suona più o meno così: “tu pensi che queste cose, questi mostri, siano cattivi, che vogliano fare chissà cosa, ed invece alla fine scopri che.. “. Sono soddisfatto di essere riuscito a trasmettere un concetto che mi sta molto a cuore, e che soprattutto sia stato recepito dal Lettore. Che forse si chiederà: come nasce “Comitato di quartiere ?“ Ed anche se non se lo chiede, glielo dico lo stesso. Lo spunto per questo racconto, datato novembre 2005, mi venne dalle rivolte che in quel periodo mettevano a ferro e fuoco le banlieu francesi, con gli immgrati extracomunitari che protestavano contro il degrado e le spedizioni punitive delle forze dell’ ordine e della cosiddetta “gente per bene” che voleva “riportare la normalità nelle periferie. “ “Chissà come si comporterebbero se fossero costretti a vivere in quelle condizioni. E farebbero tanto i gradassi se dovessero affrontare persone capaci di difendersi?” mi sono chiesto. Ma come poteva difendersi gente che non aveva nemmeno di che sfamarsi ? Forse con un piccolo aiuto “da fuori”. Sì, ma... come distinguere i “buoni” dai cattivi? Cosa diceva Gary Oldman nel “Bram Stoker’ s Dracula” di Coppola? Il sangue è vita. Già.... Prima ancora di rendermene conto, Meggan sanguinava sul pianerottolo del palazzo in cui aveva comprato l’ appartamento
( episodio semi- autobiografico). Poche righe dopo, si scopriva omosessuale e fidanzatissima. Nonchè amica di Shaffìa McAllister... e già qui i miei lettori di lungo corso han detto “ahi ahi”. Ancora un po’ e si sarebbe scoperto che Meggan odiava Bobby S. Pedersen. Qualcuno la chiamerebbe “metanarrativa”; per me è semplicemente giustizia poetica, considerato tutto quello che ho fatto passare a lei ed ad altri miei protagonisti (ogni riferimento ad Irina Polizcova è puramente voluto ). Anche per questo ho creduto che fosse necessario svolgere e concludere la storia così come ho fatto. Perchè Meggan meritava giustizia. E perchè ci sono molti modi di vivere “felici e contenti”. Di dimostrare che non esistono amori “giusti” ed amori “sbagliati”. A parte quell’ “amore” aberrante che oggi viene identificato col sesso fine a sè stesso, quando non con l’ istinto darwiniano ad accoppiarsi con l’ esponente alfa del sesso opposto. L’ amore “sano, normale”, che piace tanto ai membri del NYPD ed ai loro ipocriti epigoni in carne ed ossa, sempre in cerca di un diverso purchè sia contro il quale accanirsi e sfogare la propria pochezza. Mi piacerebbe pensare che tutti questi mostri di cui siamo circondati nella vita reale un giorno avranno ciò che meritano. Che non solo nella narrativa esista una vera giustizia. Che anche fuori dalle pagine un amore potente e puro come quello di Obadiah, del padre di Elizabeth e di Meggan possa fare la differenza. Poi accendi la TV. La peggio umanità gioca a racchettoni in Riviera e la coppia vip viene paparazzata sulle spiagge più esclusive (ehy, è proprio amore, guarda come scopano! ). Senti parlare di ronde, della minaccia islamica, della sacralità della famiglia tradizionale. Guardi Ratzinger e Borghezio, Belèn e Corona, Legrottaglie e Rutelli. Il NYPD al potere. Stomacato? Allora fai come me. Chiudi gli occhi, immagina di andare a San Pietro e Montecitorio, a Rimini ed alle Canarie, di invitarli uno per uno a casa tua, i VIP del NYPD. Immaginali, coi loro sorrisi da TG1, che accettano il tuo invito, felici di pavoneggiarsi, di spargere ancora un po’ dei loro putrefatti valori e della loro saggezza da Baci Pergugina; felici di avere il tuo sorriso adorante sotto gli occhi. Perchè sì, tu sorridi a trentasei denti, ma non per i motivi che pensano loro. La verità è che non vedi l’ ora di farli conoscere a tuo padre. Che lavoro fa?
E’ nel comitato di quartiere, ovviamente...
-La notizia del giorno: la benzina vola ad 1, 35 euro e Scajola convoca i petrolieri.
E’ come vedere il Comandante Cobra che convoca la Banda Bassotti.
-La frase del giorno: “Sono i mostri che hanno bisogno d’ amore. Forse più di noi”. (T. Sclavi)
B. S. P.
giovedì 6 agosto 2009
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