domenica 6 marzo 2011

Appuntamenti (im)perdibili

Che non sia un amante delle feste dovreste saperlo; del mio odio particolare per quelle comandate, durante le quali ognuno di noi deve fare la propria parte per garantirne la piena riuscita, pure. Colpa della mia naturale diffidenza per "imperdibile" e "tradizionale", parole che lasciano traspirare un miasma di patacca direttamente proporzionale all'uso reiterato dei termini stessi. A questo si aggiunge, spesso e volentieri, un'ancor maggiore diffidenza nei confronti di chi si fa in quattro per promuovere il determinato evento. La frittata diventa completa se ad "imperdibile" l'oratore di turno sostituisce "necessario", aggiungendoci una carrellata di presunti validissimi motivi per cui non si dovrebbe mancare, pena il declassamento sociale con immediata traduzione in via dell'Euchadé. Alla lista dei miei crimini di lesa isteria collettiva, andanti dalla non edificazione dell'albero di natale in periodo consono all'ostinato rifiuto di catapultarmi in sala per ammirare estasiato la cine-puttanata del momento (e sì, continuo a considerare avatar il film più imbarazzante di sempre, apprezzabile solo da chi verrebbe sconfitto in un test d'intelligenza dal proprio ficus benjamin) si dovrà quest'anno aggiungere un altro paio di capi d'imputazione, uno dei quali è stato salutato con gioia dai miei colleghi di lavoro, a torto convinti che avessi finalmente abbracciato la causa del carroccio. Il che, per un istante, mi ha fatto pensare di star sbaglando. Ma gli attimi sono effimeri per loro stessa natura, e no, non trovo nulla di sbagliato nella mia decisione di vivere il diciassette marzo come un giorno qualsiasi, lavorando, anzichè andare in piazza a cantare in playback l'inno di Mameli per i 150 anni di questa repubblica delle banane. Al di là del mio totale disprezzo per l'italia e per chi la abita, basterebbe l'enfasi che napolitano e la russa riservano a questa data; da gente così non accetterei nemmeno un consiglio per comprare delle scarpe in saldo, figurarsi se possono dirmi in che giorno devo amare questa disgraziata nazione. Se vero amore fosse, dovrebbe far parte della nostra di vita di tutti i giorni, ogni giorno, almeno ogni anno, anzichè venir tirato fuori dal cilindro alla scadenza di una cifra tonda con puerili cerimonie. Guarda caso, poi, proprio in un anno in cui mancano i ponti del fine settimana, con ipotizzabile grave danno al turismo di casa nostra. Oltre al miasma da enfasi, sento fetore di casse vuote. Facile allora, riscoprire e sbandierare l'importanza ed il valore dell'unità d'italia il 17 marzo, appoggiando poi il federalismo leghista, anzi la lega in sè, durante gli altri 364 giorni dell'anno*. Necessità politiche e di relativa sopravvivenza, si dirà facendo spallucce, tuttavia la sensazione è che ci si sia auto-convinti che la "politica" sia questo sudicio accattonaggio, anzichè un'arte nobile al servizio dei cittadini e non degli (auto) eletti dal gregge. Non a caso il punto più dibattuto in questi giorni è se ruby fosse o meno maggiorenne. Con tanti saluti al contesto di questa squallida vicenda, che tuttavia non rappresenta il vero dramma. Semmai, è sentire tanta gente anche insospettabile non chiedersi se sia lecito o meno che b. vada a puttane, corrompa giudici e si accompagni a figure a dir poco equivoche, ma vederli prestarsi a questo giochetto, anche solo giustificandolo. Soprattutto chi, dichiarando un'incrollabile e pluriennale militanza a sinistra, afferma che "al posto suo lo farei anch'io", rimanendo serio per tutto il tempo necessario a pronunciare queste sette parole. Diventa inevitabile, dunque, che ogni residuo possibile di amor patrio venga meno, trovandomi di fronte a connazionali del genere, rappresentati da un governo loro pari che proprio in questi giorni , per rimanere in tema di tradizioni, di onorare i propri trascorsi voltando le spalle all'amico fraterno di un tempo. Accadde con hitler, ricapita oggi con gheddafi. Che molti scoprono essere un sanguinario dittatore, plaudendo alle dure parole riservategli dal sempre esilarante frattini. Chè tanto, ad accanirsi sugli sconfitti siam sempre al primo posto; in termini di raggiro, poi, nessuno è capace di farsi prendere per il naso come gli italiani. I quali, dopo aver manifestato il proprio attaccamento al tricolore a metà mese, così come ordinato, torneranno a casa in tutta fretta per tirare fuori dalla naftalina il guardaroba estivo e l'ormai stinta maglietta con Che Guevara, scarabocchiando quindi qualche cartello provocatorio grondante di retorica giusto in tempo per tornare in piazza il 6 maggio, aizzati dalla nuova segretaria particolare della cgil. Quella susanna camusso che, a dicembre, frenava lo schiumante landini (segretario della maFiom in cerca di una comoda poltrona parlamentare, possibilmente a sinistra, alla scadenza dell'incarico) sullo sciopero generale con una motivazione spettacolare: "per organizzarlo occorre tempo, e non sappiamo contro quale governo andremo a scioperare". Chapeau. Adesso che il quadro politico rimane traballante, ma più delineato, si può scendere in piazza per i diritti dei lavoratori (comodamente dimenticati nel disastroso biennio prodi), la loro dignità (ah- ah), contro le contrattazioni separate (dissero quelli che non firmano contratti con un governo di centro-destra a prescindere) e contro un presidente del consiglio che mortifica l'italia, allontanando gli investitori stranieri. Che, par di capire, altrimenti sarebbero felici di catapultarsi in una nazione dove corruzione e criminalità fanno parte del quotidiano soprattutto ai più alti livelli politico- economici, anche sindacali, dove marchionne è il nuovo Satana reo di aver messo a repentaglio la quiete dei fannulloni da officina da cui il sindacato, fiom- cgil in primis, attinge a piene mani. Senza contare che "il sindacato dei lavoratori", come ama definirsi indipendentemente dalla sigla distintiva, è composto per due terzi da pensionati, stando alle statistiche del 2009. Eppure, cuori pulsanti di senso civico mi dicono che non posso mancare a questi due eventi; vorrò mica passare per un nemico della patria e dei lavoratori? Non potendo permettermi di espatriare in una nazione più civile, tipo la Papuasia, credo non mi resti altra scelta che disertare entrambe le celebrazioni. Di certi "amici" posso fare tranquillamente a meno.

-La frase della settimana: "Il patriottismo è l'ultimo rifugio delle canaglie." (S. Johnson)

* Senza contare le solite menate sul 25 aprile, che inevitabili sentiremo tra qualche settimana. Non si dovrebbero commemorare anche i repubblichini di salò, oltre ai sanguinari partigiani? Può essere. In tal caso, a dicembre farò uno strappo alla regola e commemorerò i legionari che massacrarono i neonati di Betlemme agli ordini di Erode. In fin dei conti, anche loro credevano davvero in ciò che facevano. Ed eseguivano solo gli ordini.

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