giovedì 11 marzo 2010

Della bontà

Dice un mio amico che a questo mondo c’è un gran bisogno di bontà. Intesa non come lo stupido, ottuso ottimismo berlusconiano, proprio bontà nel senso più puro del termine. Prendo il dizionario:
“Bontà (S.F.): la qualità morale che porta ad essere buoni, umani, indulgenti”.(dal dizionario della lingua italiana De Agostini).
Certamente nobile, soprattutto in tempi come questi. Eppure non credo sia questa la più impellente delle necessità. Troppo spesso chi ci sta attorno scambia la nostra bontà per idiozia, abusandone oltre misura. Per poi stracciarsi le vesti e coprire di contumelie chi fino al giorno prima li ha aiutati in ogni modo, accusandolo di essere egoista, crudele, insensibile. Ne ho incontrate parecchie, di persone così, per le quali ho sprecato tempo e risorse ricevendo in cambio quasi sempre due dita negli occhi. Insieme alle accuse di pensare solo a me stesso, di essere falso, ipocrita, bugiardo. Di abbandonarle nel momento del bisogno. Una volta queste accuse mi facevano parecchio male, e spesso mi spingevano a tornare sui miei passi per concedere ulteriore tempo a chi non merita altro che disprezzo. Sarà per questo che volta dopo volta dentro di me qualcosa si inaridiva. Forse moriva, fino ad avermi reso ciò che sono oggi.
Perché se una volta queste accuse, quando mi vengono mosse, mi toglievano letteralmente il sonno, oggi mi lasciano dentro solo una grande amarezza prima ed una totale indifferenza poi. Amarezza, perché ancora una volta chiedo a me stesso perché sono stato tanto stupido da ricascarci. Indifferenza, in seguito, perché mi rendo conto che è la sola cosa che si può e si deve offrire a questi parassiti incapaci di camminare con le proprie gambe non per le avversità della vita, ma perché troppo abituati a piangersi addosso in attesa che qualcuno li salvi. Rifletto sulla bontà che ho mostrato in passato nei confronti di molte, moltissime persone. Un tempo erano il centro del mio mondo. Oggi sono ricordi sbiaditi in qualche cassetto della memoria, nomi ai quali non riesco ad associare un volto e viceversa. Li rimpiango? Un paio sì. E non poco. Ma tutti gli altri sono solo mattoni in un muro. Vorrei dire che li disprezzo, che li odio per come si sono comportati. Ma mentirei. Se c’è qualcuno da biasimare, quello sono io ed io soltanto. Per non essere stato capace di dire “no” quando ce n’era veramente bisogno, per aver concesso una volta di troppo il beneficio del dubbio, per aver dato troppe seconde occasioni a chi non meritava nemmeno la prima. Tutto sulla base della bontà. Il risultato lo vedete. Alcuni più di altri. Una volta tenevo tutto dentro di me e fingevo che le cose si sarebbero sistemate. Adesso sono diretto al limite dell’educazione, spesso cinico, quasi mai disposto a compromessi o mediazioni di comodo (ma sempre pronto a riflettere su quanto mi viene detto e rivedere le mie posizioni, se è vero che “solo gli stupidi non cambiano mai idea”, sebbene è pacifico come l’oceano che tornare sui miei passi per me è un’eventualità più unica che rara). E non più disposto ad alzare un dito per qualcuno che non lo meriti. Perché mi sono convinto che la bontà non vada concessa, ma guadagnata, come il rispetto. Non è la bontà che manca, ma la capacità di riconoscerla come tale e non abusarne. Manca, soprattutto, la capacità di capire che anche un rifiuto può essere fatto a fin di bene. Che dire francamente ciò che si pensa non è sempre e necessariamente un insulto; spesso è un dovere, una necessità, purchè non lo si faccia per proprio tornaconto. Ecco, forse, di cosa c’è più bisogno oggi. Coraggio, sincerità, pragmatismo verso gli altri, ma soprattutto verso e con sé stessi. Il resto, poi, verrà da sé. Anche la bontà. E magari, per allora, non farà più rima con “stupidità”.

-La notizia del giorno: ca(pe)zzone chiede se chi insulta oggi il premier vuole un nuovo Tartaglia. Assolutamente no; stavolta niente dilettanti.

-La frase del giorno: “Se si deve levare un dente è una falsa gentilezza farlo lentamente.” (Vauro)

3 commenti:

  1. La bontà è ormai un bene raro, soffocato dal dilagante buonismo di facciata, dai sentimenti ad uso e consumo televisivo dalle carrambate di pelloniana memoria.
    Ma, in fondo, è sempre stata un'arte difficile da apprendere e ancor più complicata da applicare. La bontà non può e non deve essere un sentimento pas par tout, il vestito della festa da mettere quando si deve fare bella figura. E' un bene prezioso e come tale va usato con attenzione. Spesso, sprecandola, la si getta via, la sisvuota di significato, privandola della sua natura di "tramite" che ti porta all'altro.
    Non è certo porgendo l'altra guancia che si è buoni, ne facendo attraversare l'incrocio alla vecchina, roba da boys scout, no non è così.
    La bonta è "spendersi", lasciarsi raggiungere senza barriere, mettersi a nudo, insomma togliere la corazza e dire "sono così".
    E' dunque chiare che non si può sempre farlo, bisogna scegliere con attenzione i destinatari di questo dono, altrimenti ci si potrebbe fare molto male.
    Ora mi potresti obiettare che questa è fiducia, ma che cos'altro è la bontà se non voler credere in qualcuno diverso da te, che non conosci. La sincerità dovrebbe essere alla base di tutti irapporti umani, ma è oramai assodato che non è così, quindi la bontà è la capacità stessa di credere.
    Ne deriva che le fregature sono dietro l'angolo, e non è pessimismo ma semplicemente una ovvia considerazione che ognuno di noi può trarre facendo un bilancio dei propri incontri.
    Fortunatamente spesso si è ripagati per la bontà spesa, ma come tutti i beni preziosi và usata con attenzione.
    Non si tratta di inaridirsi ma, semplicemente, di darle il valore che ha non privandola di senso distribuendola come un volantino pubblicitario.
    Nessuno merita lodi per la sua bontà, se non ha la forza di essere cattivo.(La Rochefaucauld)
    Bisogna infatti anche saper guardare in faccia l'altro con una dose di sano distacco di utile cativeria per poter distinguere con chi condividere la propria bonta, altrimenti sarà uno stupido esercizio per apparire e non un sentimento profondamente sentito, scelto e vissuto.
    Nella vita di noi sono rimasti a terra molti cadaveri soffocati dll'incapacità di riconoscere la nostra bonta, capita c'est la vie, io non li rimpiango ed ho anche deciso di non soffrirci, o almeno non molto!
    Boyofthetime

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  2. Tu ti rendi conto che sapere che alcuni condividono le mie posizioni non mi rassicura per niente,sì?

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  3. Nessuno ci può rassicurare, ne condividendo le nostre posizioni ne appoggiadole, ma si può capire di non essere i soli a provare certi malesseri, certe inquietudini, l'unica certezza è che qualcunaltro ci comprende e, alle volte, non è cosa da poco!
    Boyofthetime

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