lunedì 1 febbraio 2010

Mater Morbi

Diciamolo subito: questa storia, pubblicata sul numero 280 di Dylan Dog, non è il tanto osannato ritorno ai fasti che furono sotto l’ egida del “papà” dell’ Indagatore dell’ Incubo, Tiziano Sclavi. Non lo è semplicemente perché Sclavi è Sclavi; si può imitarlo, avvicinarsi molto al suo stile, ma raggiungerlo è utopia. Sorpassarlo, poi, pura presunzione. Cioè i due motivi fondamentali per cui la serie di casa Bonelli da molti anni a questa parte langue ai limiti della fiction di terz’ ordine, affossata dall’ autoreferenzialità di autori interessati solo a portare a casa la pagnotta, o convinti di essere dei grandi narratori (una su tutti: l’ intollerabile paola barbato, la vera peste che ha distrutto e continua a distruggere impunemente il buon nome del detective di Craven Road). “Mater Morbi” brilla nel firmamento dylaniato per contrasto con i suoi predecessori, come una rosa in una discarica abusiva dove chiunque si sente legittimato a scaricare le proprie porcherie, come appunto è stato fatto in questi anni. Il che non significa che sia una brutta storia, o banale, o scontata. Al contrario. E’ una storia che non fa sconti, che colpisce dove fa male e non si barrica dietro la trincea del buonismo e del politically correct. Dice anzi a voce alta ciò che spesso ci si vergogna anche solo di pensare per non andare contro la vulgata nazional- popolare che ritiene la vita individuale un “bene indisponibile”, reputa l’ eutanasia assasinio e crede che Eluana Englaro fosse ancora bella, viva e sorridente come nelle foto mostrate dai tg di regime(“può ancora avere figli”, disse quello di arcore. Anche se fosse, non lo sarebbero stati di puttana come lui ed i suoi scherani, poco ma sicuro). Merito di un Roberto Recchioni che sa per esperienza di cosa parla, e vuole dirlo senza adagiarsi sugli allori del successo portatogli dal John Doe creato in tandem con Lorenzo Bartoli, altro transfuga dell’ imperdonabile ed incomprensibile Eura Editoriale in arrivo alla Bonelli. Con l’ occhio disincantato di chi ha vissuto sulla propria pelle il martirio dell’ ospedale Recchioni traccia un quadro impietoso della disumanizzazione cui spesso è sottoposto il malato, ridotto a pezzo di carne spersonalizzato su cui accanirsi in ossequio ad un travisato giuramento di Ippocrate. La malattia non è vista come un nemico da sconfiggere ad ogni costo; piuttosto come un evento naturale cui opporsi, ma col quale si deve anche imparare a convivere e scendere a patti, se necessario. La figura stessa di Mater Morbi è, a differenza di quasi tutti gli altri villain con cui ha avuto a che fare Dylan negli ultimi tempi, più tragica che spaventosa, complessa e sfaccettata, tragicamente umana nelle sue priorità come nei suoi bisogni. Se la risoluzione è semplicistica e non viene risparmiata nel finale una vignetta indigesta, entrambi messe lì per evidenti ragioni di bottega, la storia avrebbe avuto probabilmente un altro epilogo, forse più incisivo, ed oggi sarebbe un caso editoriale molto maggiore di quello che è. Sui livelli del numero di Alan Ford in cui compariva erika, la baby assassina di Novi Ligure, o del celebre numero di “Topolino” in cui il sorcio alla fine si infilava nel letto con la compagna e spegneva la luce, gettando nel panico milioni di mamme antismog che chiesero (ed ottennero) il ritiro del numero prima che i loro figli scopriserro che non sono stati trovati sotto i cavoli né portati da cicogne. Sia mai. In definitiva, “Mater Morbi” è un’ ottima storia, da leggere e regalare, su cui riflettere e far riflettere… su cui dovrebbe farlo, soprattutto, la Sergio Bonelli Editore. Forse si era convinta che Dylan ormai potesse (dovesse?) solo campare di rendita, non avendo più niente da dire. Come dimostrato, non è così. Basta lasciar parlare la gente giusta. Meno paole barbato, più Roberti Recchioni, ed allora sì che l’ ex agente di Scotland Yard tornerà molto vicino agli antichi fasti. Ma solo vicino. Di Sclavi ce n’ è uno, per fortuna. E come per ogni tesoro, è giusto che sia così.

-L’ avviso della settimana: avendo seri problemi non dipendenti dalla mia volontà (leggi: guasto sulla rete ADSL) non è detto che riesca ad aggiornare quotidianamente il blog. Se un giorno “buco” un post, quindi, è per cause di forza maggiore, e non perché sono sparito nel nulla. Ahivoi.

-La frase del giorno: “Non conta quanta gente possa venire a farti compagnia e a darti il suo sostegno: la distanza che passa tra sani e malati è uno spazio infinito che neanche l’ amore può colmare.” (Roberto Recchioni da “Mater Morbi”, Dylan Dog #280 del dicembre 2009; copyright degli aventi diritto.)

2 commenti:

  1. Non ho letto il racconto in questione ma apprezzo che tu sia ritornato a parlare del caso Eluana: un caso che un anno fà mi indignò profondamente. Non mi indignò la contesa fra i fautori dell'eutanasia o quelli della vita a tutti i costi (ognuno è libero di pensarla come vuole, e sono situazioni in cui non è semplice distribuire ragioni o torti), mi indignò la totale mancanza di pietà, di solidarietà umana nei confronti di una persona: di un padre che per anni ha assistito la figlia ridotta ad un vegetale, di un marito che ha dovuto stare vicino ad una moglie che si è ammalata per aver perso questa figlia, di un uomo che è stato chiamato assassino da persone che lo hanno lasciato completamente solo quando avrebbe avuto bisogno di essere sostenuto. Ai cari e pii cristiani che gridavano all'assassinio, che urlavano "Eluana, svegliati!", voglio dire che questa loro mancanza di pietà è un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio e anche delle persone dabbene. Nessuna pietà a loro da parte mia.
    Ugo

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  2. Per tacere che il "caso Englaro" poteva essere tale solo in Italia; in qualunque altro paese civile non avremmo assistito alle pagliacciate che abbiamo visto qui. Ma su questo, con me, sfondi una porta aperta; a dicembre ho depositato il mio testamento biologico presso la Chiesa Valdese di Milano, che lo ha ratificato. Giusto perchè sia chiaro fin d'ora cosa voglio fare del e col mio corpo che, con buona pace dei gasparri in circolazione, è MIO E SOLO MIO. Peraltro, spesso mi dico che mi preoccupo per nulla; quando si verrà a sapere che sono sbattezzato e scomunicato, i pietosi medici ciellini non ci penseranno due volte a staccarmi la spina, a prescindere dalle mie possibilità di salvezza.

    PS: grazie per aver riportato "Empuse"... sapevo che i messaggi subliminali inseriti nei post avrebbero funzionato, prima o poi!^^)

    PPS: Comunque, caso mai non si fosse capito, la lettura di "Mater Morbi" è vivamente consigliata a chi vede le cose dal punto di vista mio e, mi par di capire, di Ugo. Ma forse è più consigliata, anzi obbligatoria, per chi ancora blatera di "sacralità della vita". Leggete, e fatemi/ci sapere.

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