venerdì 20 novembre 2009

I tre moschettieri 2009

C’ erano una volta, almeno così raccontano, le grandi lotte operaie. Centinaia, migliaia di tute variopinte scendevano in piazza e presidiavano i cancelli delle aziende che minacciavano di lasciarle in mezzo ad una strada. E lì rimanevano giorno e notte, in barba al freddo, alla polizia ed ai sindacati, finchè le loro richieste non venivano accolte. Delle due una: o il passato non è glorioso come lo ricorda chi quelle lotte le ha fatte, o qualcosa si è inceppato strada facendo. Quando sia accaduto esattamente credo sia difficile dirlo; così come per me è difficile trattenere l’ irritazione davanti ai servizi dei tg che mostrano lavoratori blaterare di solidarietà e rispetto in favor di telecamera o versare la lacrimuccia sventolando la bandierina della cgil in uno dei penosi, in ogni senso, servizi di corrado formigli. Da lavoratore in cassaintegrazione che vive questa esperienza sulla propria pelle capisco i problemi di chi si ritrova lo stipendio dimezzato ed il futuro incerto; ma mi chiedo quanti di quelli che si battono per salvare il proprio posto di lavoro pensano anche a quello dei colleghi. Perchè “il mio posto di lavoro” non sembra più inteso come “l’ azienda dove lavoro e lavora gente che conosco da una vita”, ma proprio “il posto in cui lavoro io”; la pressa, il tornio, quello che è. E si fottano gli altri. Mors tua vita mea. Capita così che chi qualche mese fa era pronto ad immolarsi per far sì che nessuno fosse penalizzato oggi faccia fuoco e fiamme quando gli si chiede di dividere il premio aziendale con un collega che ha lavorato meno per varie ragioni, non sempre dipendenti dalla sua volontà e non sempre accettabili. E sono pure gli stessi che minacciano azioni folli perchè “il capo ce l’ ha con me e non mi fa lavorare”. Il più delle volte dopo essere stati messi in cassaintegrazione una mezza giornata, tanto per salvare le apparenze, o che convocati al telefono si negavano perchè “fa caldo, lasciami a casa che vado al mare” (sì, succede anche questo, ma Annozero non lo racconta mai). Ma non importa: tutti a difenderli dalle angherie da un’ azienda che li sfrutta e li butta via come stracci. Un’ azienda forse che li ha abituati troppo bene, ed ora che si è tutti sulla stessa barca questi zerbini aziendali scoprono dentro di sè un frammento di Che Guevara o di un epifani di riporto. Quindi su, mobilitatevi, perchè l’ azienda con me è cattiva e non mi fa lavorare, come si permette? Sono bravo, io io io. Ho lavorato una vita, io io io. Ho famiglia, io io io. Come molti di voi; ma se voi non lavorate ed io porto a casa uno stipendio pieno o quasi... chi se ne frega. Mors tua, vita mea. Tanto poi ci sono sempre gli impiegati, i capireparto ed i loro relativi cocchi contro cui puntare il dito. Molto più facile continuare ad indulgere nello sport nazionale italico, lo scaricabarile, piuttosto che mettersi una mano sulla coscienza, fare qualche sacrificio e magari ricominciare a fare fronte comune. Ma del resto, perchè andare a presidiare i cancelli di un’ azienda che non è la mia? Loro sono mai venuti in nostro soccorso? No. Quindi chi se ne frega... C’ erano una volta, almeno così raccontano, le grandi lotte operaie. Centinaia, migliaia di tute variopinte scendevano in piazza e presidiavano i cancelli delle aziende che minacciavano di lasciarle in mezzo ad una strada. E lì rimanevano giorno e notte, in barba al freddo, alla polizia ed ai sindacati, finchè le loro richieste non venivano accolte. Una volta si cercava di salvare il proprio posto di lavoro. Lo si fa anche oggi; ma il significato di quel “proprio” è cambiato. E spiega forse come mai ci troviamo nella situazione in cui siamo. Forse anche i tre moschettieri oggi, anzichè “tutti per uno uno per tutti”, direbbero “tutti per me io per me”.

-La notizia del giorno: il presidente del senato renato schifoso si scaglia contro i media che manipolano le notizie. Si chiama “sputare nel piatto in cui si mangia.”

-La frase del giorno: “E’ stupido continuare a fingere che sotto sotto siamo tutti fratelli. La verità è che sotto sotto siamo tutti cannibali, assassini, traditori, bugiardi, ipocriti, oziosi.” (H. Miller)

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