Tutte le cose belle finiscono, e proprio quando pensavo di aver trovato un’abitazione stabile dove vivere in pace e lavorare in tranquillità ho dovuto sbaraccare in fretta e furia. Destino cinico e baro, avevo appena iniziato “L’Inquilino Ungherese”, racconto che mi frullava in testa da qualcosa come sette anni, mai concretizzatosi per mancanza di quella scintilla capace di far esplodere il tritolo piazzato sotto la diga della creatività. Come al solito, la miccia ha preso fuoco nel momento meno prevedibile. La rotonda: ecco il punto,l’anello mancante. Era così chiaro… Ad ogni modo, ho dovuto tagliare la corda alla svelta quando alcuni loschi figuri dall’inconfondibile aspetto hanno fatto irruzione nel cimitero di automobili dove m’ero accampato: da alcune frasi colte qua e là, mentre raccattavo le mie povere cose, m’è parso di capire che fossero in cerca di una carcassa d’auto da imbottire di tritolo e lanciare poi a mezzo catapulta nel bel mezzo di una manifestazione. Sia per festeggiare la vittoria di al zawahiri alle primarie di al qaida (sul favoritissimo huljaned pysahpja, che pare abbia dato forfait all’ultimo istante per aver già ottenuto un’altra carica altrove), e per dare una lezione a quelli che, nella loro lingua stridente e minacciosa, sono stati definiti “ki hater balahabyott, Allah ahkbahara”. Naturalmente, l’idea che degli innocenti potessero andarci di mezzo per il cieco fanatismo di un manipolo di pazzi mi ha nauseato; così, una volta al sicuro, ho prontamente contattato il clone robotico del mio gemello meno malvagio proveniente dal futuro altenativo di un’altra dimensione, che da qualche tempo mi rimpiazza nella vita di tutti i giorni. Messolo in fretta al corrente della situazione, l’ho pregato di dirmi se era in programma per il fine settimana qualche manifestazione importante che potesse giustificare un’azione tanto scellerata; riuscendo io a ricevere solo “Radio Stalin, in diretta da Arcore”, sono un po’ tagliato fuori dagli eventi mondani. Un rapido giro di telefonate, e sono emersi tre possibili obiettivi: la sagra del cinghiale a Solaro, l’elezione di Miss Maglietta Bagnata a Ceppaloni, l’annuale raduno leghista a Pontida (una di queste kermesse è falsa: indovinate quale). Il tempo giocava contro di me: non potevo essere in tre posti contemporaneamente, e dovevo ragionare come un terrorista o un elettore di pisapia (figure assolutamente sovrapponibili) per evitare una strage di innocenti. Capire il vero obiettivo è stato dunque facile: così, camuffatomi abilmente da Obelix, mi lancio in una corsa a perdifiato verso Solaro. Quando arrivo, è apparentemente tutto tranquillo, il che mi fa temere il peggio. Il campanile della chiesa, in lontananza, batte mezzogiorno. Mi guardo intorno,in cerca di un segno,per quanto trascurabile, della presenza degli assassini. E’ in quel momento che l’occhio mi cade sul televisore nel soggiorno di una casa lì vicino. Sta trasmettendo la diretta di RaiNews 24 sul raduno di Pontida. So che non dovrei farlo, che non per quel motivo mi trovo lì. Ma è più forte di me. Fischiettando “quando l’appetito c’è”, brandendo con disinvoltura un cosciotto di verro selvatico, mi appropinquo alla finestra e sbircio. Subito mi colpisce l’enorme striscione che inneggia a “maroni presidente del consiglio”, piazzato proprio dirimpetto al palco da cui, a momenti, prenderà la parola bossi. Un bello schiaffo, per il nume tutelare del popolo padano. Che quando s’avvicina al podio, al termine dell’ennesima riproposizione di uno spezzone di “Braveheart”, riceve un’ovazione meno fragorosa del previsto. Pubblico freddino,oggi. Inizia a scaldarsi quando, supportato da “pota” calderoli nelle inedite vesti di badante (sicuramente assunta in nero), bossi inizia a biascicare di quote latte e ganasce fiscali che “l’amico giulio” deve allentare, come inevitabile tassello dell’imprescindibile riforma fiscale. Da lì è un crescendo rossiniano, o verdiano, di salti dal palo alla frasca che farebbero vergognare un lemure. In una mezz’oretta di parole strascicate, bossi punzecchia maroni (accanto al palco, unico a disertare la divisa verde in favore di giacca e cravatta, pare un cazzo di Don Vito Corleone alla polenta & usej) invitandolo a portare il proprio ministero a Monza, insieme a quello di bossi stesso e calderoli. Appare anche il sindaco brianzolo, tipo valletta su un ring di pugilato, esibendo la targa che verrà affissa a Villa Reale, sede deputata ad ospitare i ministeri legaroli. Il resto è un mix di folklore ed invettive, con l’accusa a berlusconi di essersi “cagato addosso” ed aver fatto marcia indietro sui ministeri al nord, e l’ennesimo penultimatum al governo: o verranno approvati nei prossimi 180 giorni i dodici punti messi sul tavolo dalla lega, oppure… pollice verso. Dalla folla riprendono le grida di “secessione, secessione”, mentre bossi si avvia a concludere ammonendo di non aver paura a correre da solo alle prossime elezioni, e che la leadership di berlusconi è tutt’altro che scontata. Accompagnato da calderoli, il senatùr lascia spazio a Don Vito maroni, che subito arringa la folla secessionista con spatafiate sui risultati portati a casa dalla lega finora. Attribuendosi, per essi, un gran merito. E’ più o meno allora che, sbarazzandomi dell’osso diligentemente spolpato, mi allontano dal davazale, perso nei miei pensieri. Poteva esserci la rottura in padaniavisione col governo? Auspicabile, ma improbabile. No, non è così che possono sganciarsi: verrebbero subito bollati dai media berlusconiani come traditori, i responsabili dell’impossibilità di attuare le riforme eccetera eccetera. E’ una partita delicata e va giocata con furbizia: avanzando, per esempio, una dozzina di proposte assurde che già si sa non potranno mai essere accolte. In questo modo, l’inadempiente traditore sarebbe silvio. O meglio ancora, provocare la collera di quelle frange di pidielle di cui anche berlusconi vorrebbe sbarazzarsi. Tipo gli alemanno. Che infatti, già in serata, tuona contro l’ipotesi di spostamento al nord dei ministeri, appellandosi addirittura a napolitano. Sempre più, come non mai, si respira un’aria di resa dei conti tra bande. E di zuppa di radici; stasera preferisco stare leggero, dopo quell’ingozzamento di cinghiale. A proposito di bande: mi sono scordato dei terroristi. Avranno poi colpito? Oriento l’antenna, ricavata con una gruccia, nella speranza di intercettare una stazione radio diversa. Niente da fare; ancora una volta, devo ricorrere al contatto telepatico col clone. Il quale mi informa che sì, nei pressi di Pontida sono stati fermati alcuni cittadini medio orientali, con regolare permesso di clandestini autenticato dal sindaco di Milano in persona: avevano con loro un pacco sospetto di sei metri per uno e venti per uno e sessanta. La polizia non ha ritenuto di dover esaminare il pacco, ed i tre uomini si sono allontanati con il loro ingombrante bagaglio. Pare abbiano bofonchiato qualcosa sul fatto che il plastico non valesse quel prezzo. Appassionati di modellismo, probabilmente. O no?
-Il dubbio della settimana: odio i ragazzini. Il fantasy mi fa cagare. Quindi perché mi ostino a leggere “le coliche di narnia”?
-La frase della settimana: “Non possiamo essere costretti da altri a nulla di ciò a cui possiamo reciprocamente costringerci.” (E. Kant)
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