domenica 13 marzo 2011

Non c’è “provare”.

Avevo pensato di proporvi un sapido articolo di La Branca sui modà (chi sono costoro?), ma questa mattina, sfogliando come consuetudine i quotidiani on line, ho trovato un interessante articolo di Marco Travaglio. Che a sorpresa non si occupa, solo, delle malefatte del sultano di arcore. L’impietosa penna del giornalista con aspirazioni da guru questa volta sferza, infatti, il mondo della celluloide. Non per il boicottaggio da parte di raiset del trailer di “sivlio forever, l’autobiografia non autorizzata di silvio berlusconi” in sala (???) dal 26 marzo. Stavolta Travaglio si occupa di una perla del nostro cinema, la trilogia di “Amici Miei”. Che tra poco diventerà tetralogia, se siamo fortunati, una serie se andrà male. Pare infatti imminente l’uscita in sala di “amici miei- come tutto è iniziato”, per la regia di neri parenti. Che non è omonimo del registucolo avvezzo al pecoreccio più spinto che ci ammorba da trent’anni con natali in giro per il mondo e pietosi sequel di fantozzi; è proprio lui. Ed è sempre lui a rispondere, piccato, dalla colonne del “corriere della sera” a quanti già criticano la sua pellicola, minacciando finanche il boicottaggio e l’occupazione delle sale affinchè l’operazione muoia sul nascere. “Prima di criticare una cosa, bisogna vederla”, sentenzia il cineasta. Da quanto mi sento ripetere questa supercazzola (tanto per rimanere in tema) quando critico un film dal trailer, un libro dalla copertina, una canzone da chi la canta? Abbastanza spesso da aver fatto diverse volte un passo indietro per provare la tal cosa. Ho letto “twilight” poco prima che diventasse un fenomeno social- culturale per gente precipitata dal seggiolone in tenera età. Sono andato a vedere “matrix 2” con le migliori intenzioni, rimanendo in sala anche quando, dopo i primi 20 minuti, il cervello m’ha sussurrato “ti aspetto fuori”. Ho provato, davvero, a trovare qualcosa di valido nello straziante gnaulare di giusy ferreri e nelle canzoncine da oratorio di marco carta. Fatta la prova, con tutta la buona volontà, “twilight” è rimasta una saga demenziale, osannabile solo da chi è convinto che i wachoscky siano raffinati filosofi postmoderni ed i trionfatori dei reality artisti a tutto tondo. Ecco perché, da diversi anni a questa parte, faccio spallucce quando mi si rimprovera di “non poter criticare qualcosa senza prima averla provata”. Si può eccome; anzi, si deve. Non per l’opera in sé, ma per quanto c’è dietro. A cominciare dalla disonestà intellettuale. Il sequel- prequel di “Amici miei”, ambientato nella Firenze del ‘400, è un esempio tra tanti; lo scopo non è infatti omaggiare alcuni dei nostri più grandi artisti arrangiandosi con quello che c’è, ma un disperato tentativo di colmare dei presunti vuoti di cassa. Il cinepanettone negli ultimi tempi ha avuto vistose emorragie di spettatori, a favore della neo-commedia(ccia) degli zalone, degli albanese, degli aldogiovanni&giacomo, solo apparentemente più impegnati. Inevitabile quindi che i produttori nostrani cerchino altri spunti, con un occhio al passato, per pareggiare il bilancio attraendo il potenziale spettatore con opere ruffiane, promosse a tamburo battente. Dimostrando di non aver imparato nulla della sonora lezione già impartita coi sequel di “eccezziunale veramente” e “l’allenatore nel pallone”. Si dirà; succede anche all’estero, guarda quanti remake e sequel produce Hollywood al solo scopo di rastrellare soldi. Vero. Ma in America trovano spazio anche i David Lynch ed i John Landis. Da noi arrivano in sala solo “opere dal sicuro ed immediato ritorno economico”. Tanto per citare un comunicato stampa di un paio d’anni fa, che delineava le nuove linee guida della distribuzione. E sempre che le opere stesse non siano sgradite ai piani alti. Altrimenti fanno la fine di “Agorà”, “Videocracy” e lo stesso “silvio forever”, destinati al limbo distributivo per far spazio ai comici fuoriusciti da zelig ed ai cinefumettoni made in America, che propinano rimanendo seri un dylan dog palestrato con tirapugni e mira da cow boy. Film che devono essere visti, prima di venire criticati: “non può essere merda solo perché è così”, sostengono in molti. La prossima volta li inviterò ad emulare Daniele Luttazzi, quando mangiò con voluttà uno stronzo; come possono dire che faccia schifo, se non l’hanno mai provato?


-La frase del giorno: “Per giudicare un vino non è necessario bere l'intera botte." (J. Swift)

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