lunedì 16 novembre 2009

I visitatori

Un ragno grande quanto un cane di media taglia che tesse una tela pressochè invisibile tra la la vasca da bagno e la tazza del water. Solo io sembro in grado di vederlo nelle sue mostruose dimensioni e fattezze; quel giallo catarroso, le zampe lunghissime simili a lame. Una strada sterrata, percorsa decine di volte, che improvvisamente si trasforma in un interminabile labirinto disseminato di rifiuti, perso tra i campi, al termine del quale (ma sarà davvero il termine?) si trova un’ piccolo laghetto gremito di pescatori. Nonostante l’ alta rete che ci separa, quando uno di loro estrae dall’ acqua scura un grosso pescegatto, quasi me lo sbatte in faccia... ed a questo punto, mi sveglio. Già. Non vi ho illustrato il canovaccio di due dei miei prossimi racconti (anche se non escludo possano diventarlo), ma due dei tanti sogni che ho fatto in questi giorni. Due di quelli che meglio ricordo. Gli altri mi hanno ugualmente svegliato di soprassalto, ma non mi hanno lasciato altro che vaghe sensazioni di inquietudine. Era da tanto che non sognavo. O meglio: se è vero che sognamo ogni notte, era da tanto che non ne ricordavo in maniera così vivida. Non so se si possano definire propriamente incubi; di sicuro non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quello che feci qualche mese fa, in cui mi aggiravo correndo per una casa in rovina, seguito da persone di cui potevo udire solo le voci. Ogni volta che raggiungevo una porta, faceva lentamente capolino da un’ angolazione impossibile il volto terreo di una donna dai lunghi capelli, gli occhi spalancati, la bocca aperta in un una “O” dalla quale non usciva alcun suono. Allora cambiavo precipitosamente direzione, rendendomi conto anche senza voltarmi, perchè non potevo voltarmi, che uno dei miei compagni (inseguitori?) era sparito. Sparirono quasi tutti, prima che mi svegliassi e non riuscissi più a prendere sonno. Chiedendomi oggi come allora perchè. Cosa diavolo sta cercando di dirmi il mio subconscio, se è vero che lì prendono vita i sogni? E quanto di questi vengono poi tradotti sulla carta senza che io lo sappia? Mi tornano in mente gli incubi di H. P. Lovecraft, i cui sonni erano turbati da creature mostruose da lui definite “i Magri Notturni”. Lungi da me accostarmi al Sommo Solitario di Providence, la cui vita diurna sicuramente giustificava le scorribande notturne di queste oniriche cretaure. Però è appurato che furono soprattutto i suoi incubi a dare vita alla cosmogonia dei Miti di Chtulhu. Mi chiedo, se è vero che i sogni possono essere interpretati, cosa significassero i suoi. Cosa significhino i miei. Cosa vogliano comunicarmi, quale distopica realtà da me percepita essi interpretino. Mi chiedo un sacco di cose, rigirandomi tra le coperte, in attesa di un sonno che non torna. Me lo chiedo... e poi forse, senza saperlo, mi rispondo da solo nei miei racconti.


-La notizia del giorno: America e Cina raggiungono l'accordo sul clima: inquineranno gli anni pari una, gli anni dispari l'altra. E lo faranno per entrambe.


-La frase del giorno: “Io non ricordo i sogni, ma i sogni ricordano me.” (Tiziano Sclavi)

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