giovedì 3 settembre 2009

Quel coglione di Bobby

Oggi voglio riprendere un argomento cui avevo già accennato altrove, e che riguarda il cult di “Racconti a Margine”, quel “Comitato di quartiere” che praticamente ogni lettore sembra amare.
Preciso subito che non ho nessuna intenzione di giustificarmi o convincervi di alcunchè; ci tengo solo a spiegarvi perchè, in alcuni punti del racconto, compare la mia modesta persona.
Qualcuno ha pensato ad una presuntuosa autocitazione e ne è stato infastidito; qualcun altro si è fatto una grassa risata vedendo l’ autore insultato dai suoi stessi personaggi. Più o meno tutti però si sono chiesti perchè abbia citato me stesso, e perchè Meggan mi definisca “un coglione tetro e pessimista” che detesta neanche troppo cordialmente. Il motivo è molto molto semplice: Meggan, come tutti i miei personaggi, mi odia. Ok, Meggan stava anche attraversando un periodo decisamente stressante, e chi di noi non se la prende con il suo superiore o con il primo che ha sottomano in quei momenti? Ma alla resa dei conti, il motivo per cui Meggan sta correggendo proprio le bozze di quel coglione di Bobby S. Pedersen è assai più banale; nessuna autocitazione referenziale, nessun giochetto di metanarritiva, certamente non al livello di Stephen King, che ogni tanto usa la stessa tecnica per autocelebrarsi (ricordo un passaggio agghiacciante de “La Torre Nera” in cui Roland parla con una donna di Stephen King e lei dice “sì, non sarà un granchè come scrittore, ma ha un certo stile”. Ho concluso che si trattava di un omonimo dello Stephen King che ha scritto il romanzo, che ha perso anche lo stile negli zeri del conto in banca già da un po’. ). Semmai, la voglia di dare ai miei personaggi la sacrosanta possibilità di dire cosa pensano del loro “regista”, in un contesto coerente e come riprova che tra l’ autore e le sue creature dovrebbe esistere un minimo di rispetto per l’ articolo 21 della Costituzione. Attenzione, adesso le cose si fanno complicate. Come si fa ad avere un rapporto democratico coi propri personaggi? Facile. Gli si lascia fare quello che vuole, ma senza esagerare. Perchè comunque in un certo punto bisogna pur andare a parare, e quando invento una storia parto sempre da lì e la costruisco a ritroso. E, nella fase di (ri) costruzione è come se fossi seduto ad un tavolo invaso da fogli, tazze di caffè e posaceneri strapieni insieme ai miei personaggi, e dicessi loro “ecco, Meggan, tu ti svegli di soprassalto. Cosa fai?” Lei ci pensa su un attimo, e risponde: “Vado a guardare fuori dalla finestra per riprendermi un attimo”. A quel punto vedi quello che vedi (niente spoiler! ); che cosa pensi? “Che avrò visto male. Dai, son tutta rincoglionita di sonno. Però un po’ mi inquieta, c’ è qualcosa che non va in questo cazzo di posto.” Ok, prendo nota. Ah, a proposito, improvvisamente ricomincia ad uscirti il sangue dal naso “Oh merda, ancora?” Già. “Ma che stronzo che sei. Posso dirti che sei uno stronzo?”. Certo ! A proposito, che lavoro fai? “L’ editor per una casa editrice. E sto correggendo le bozze di un tuo romanzo, così posso dire a tutti che sei uno stronzo”. Ecco, il processo mentale tramite cui realizzo le storie dovete immaginarlo così. Come se stessi facendo un casting per un film e lasciassi agli attori man mano reclutati dalla mia immaginazione un minimo di libertà di improvvisare. E’ anche così che storie concepite originariamente per essere di sette- otto pagine sono diventate prima romanzi brevi di venti- trenta e poi romanzi veri e propri. “Nel nome di un ricordo inesistente” è nato così; in fase di stesura, si sono inseriti altri attori- personaggi che pretendevano giustamente un ruolo nella vicenda; forse su questo avremo modo di tornare in futuro, se e quando il romanzo verrà pubblicato. Quel che è certo è che se uno dei tuoi personaggi si ritrova legato ad una sedia in uno scantinato buio per undici giorni, o viene sepolto vivo per oltre cinquecento anni, o si ritrova mutilato dalla sua peggior nemica, non si può pretendere che abbia simpatia per il responsabile di tutto questo. Che non è un altro personaggio, ma chi ha imbastito la vicenda. Cioè l’ autore. Ovviamente una Irina prigioniera e stremata dalla fame non potrebbe mai pensare “ma guarda tu in che condizioni mi ha messo quel coglione di Bobby”. Meggan, invece, non aveva di questi problemi, e non se ne è fatta a dire apertamente ed in maniera coerente quello che pensa di me. Quello che pensano tutti i miei personaggi, ma che non possono dire per esigenze di copione. Ci ha pensato per loro la signorina McIntyre. E sono contento che l’ abbia fatto. Dopotutto, il rispetto per i propri personaggi si manifesta dando loro la possibilità di esprimere ciò che pensano. E di me, lo so, pensano tutto il male possibile. Dategli torto, se potete...

-La notizia del giorno: Continua la bagarre tra littorio feltri e la cei per l' articolo pubblicato su "il giornale" che attacca boffo, direttore di avvenire. Continua la guerra tra bande, insomma. Ed io continuo col mio mantra: "Se vedi un punto nero spara a vista, o è un prete o è un fascista" (uhm, però potrei anche essere io... dannaz, giù le armi!!!)

-La frase del giorno: “Tu puoi scrivere questa merda, ma io di certo non la posso recitare. (Harrison Ford a George Lucas sul set di “Guerre Stellari episodio IV- Una nuova speranza”)

2 commenti:

  1. ..devi avere dei tavoli molto grandi da te perchè ci stiano tutti i tuoi personaggi..
    mi immagino un'atmosfera tenebrosa e invasa dalla nebbia.

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  2. Beh sai,è la fortuna di avere la testa praticamente vuota: c'è un sacco di spazio! ^^

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