SETTE STORIE PER NON DORMIRE- IL CICLO DELLA TORRE NERA DI STEPHEN KING
Sette volumi(“L’Ultimo Cavaliere”, “La chiamata dei tre “, “Terre desolate”, “La sfera del buio”, “I lupi del Calla”, “La canzone di Susannah”, “La Torre Nera” ) pubblicati da Sperling e Kupfer più alcune miniserie a fumetti, pubblicate ed in corso di pubblicazione da Panini Comics (albi singoli) e successivamente raccolte in volumi sempre da S&K.
C’ era una volta uno scrittore il cui nome era leggendadio tra gli appassionati di horror. Lo scoprii verso i tredici anni (numero casuale? ); una violenta colica mi costrinse a letto per molte settimane, ed ingannai il tempo leggendo “It”. Seguirono via via altri romanzi ed antologie dello stesso autore, tutti risalenti al periodo in cui scriveva “ a giornata”. Nel senso che raccontava storie in quanto sentiva il bisogno di raccontarle. A questa felice fase appartengono i primi tre volumi della serie “La Torre Nera”, che parte da premesse avvincenti: Roland Deschain, ultimo dei Pistoleri, una casta equivalente agli antichi cavalieri medioevali ma di fatto veri e propri cowboy armati di letali rivoltelle, si aggira in un mondo in bilico tra il western ed il post apocalittico, che “è andato avanti”, alla ricerca dell’ Uomo in Nero, responsabile della caduta dell’ ultimo baluardo contro le forze del Male ed unica possibilità che ha Roland per raggiungere la leggendaria Torre Nera, nesso di tutte le realtà minacciata dalle stesse entità malvage, al soldo del Re Rosso, che hanno già distrutto il mondo del Pistolero. Un mondo che forse, se Roland raggiungesse in tempo la Torre, potrebbe ancora essere riportato agli antichi fasti. Nei primi tre volumi il nostro eroe raduna attorno a sè alcuni riluttanti alleati prelevati da epoche diverse del nostro mondo; personaggi interessanti, ricchi di sfumature e potenzialità. Messili al corrente della missione, istruitili su quelle che sono le usanze ed il credo di quelle terre morenti, determinato a farne la nuova casta di Pistoleri, Roland si trova costretto, dopo le immancabili peripezie, a salire con il suo gruppo (o Ka-tet, per dirla nella Lingua Eccelsa) a bordo di Blaine, un treno monorotaia che è l’ unico mezzo di trasporto tramite il quale superare in fretta e senza rischi l’infida ed inesplorata desolazione che li separa dal Medio- Mondo, tappa obbligata per raggiungere la Torre. Peccato che Blaine, oltre ad essere senziente, sia completamente pazzo e deciso a suicidarsi portando i nostri eroi con sè... a meno che non lo sconfiggano in una gara di indovinelli, di cui il trenino è grande appassionato. Il terzo volume, “Terre desolate”, si conclude qui. Ed anche la storia, secca dirlo. Perchè nel frattempo Stephen King scopre di essere Stephen King. O meglio, il bussiness lo rende tale. E come tale, non ha più bisogno di spaccarsi la testa per inventare delle trame. E’ Stephen King e tanto basta. Non viene più pagato “a giornata”; percepirà lo stipendio “ a cottimo”, in base a quanto scrive, indipendentemente dalla qualità dello scritto in sè. Tale stacco si nota in tutte le sue opere più recenti, dove le trame sono involute, ripetitive e spesso prive di logica. Nel ciclo della Torre, queste pecche diventano ancora più evidenti. Tant’ è che, all’ inizio del quarto volume, “La sfera del buio”, non è solo Blaine a deragliare, ma tutto il potenziale insito nella storia, che si perde in sottotrame pasticciate ed irrisolte, introducendo una miriade di personaggi che disperdono il fulcro della narrazione e toccano abissi di forzata illogicità più desolanti dei luoghi che fanno da teatro alla vicenda. Qualche picco qua e là c’ è; lo stile di King non viene mai meno e rende la lettura agile e scorrevole. Ma la trama latita, si avvita su sè stessa tra inutili richiami a Tolkien e tentativi di collegare tra loro tutte le storie narrate da King negli altri suoi libri, esperimento già tentato altrove e con gradevoli risultati, ma che qui riesce solo pretenzioso e mal riuscito, così come l’ espediente metaletterario ficcato a forza negli ultimi volumi (ma che probabilmente servì a King per elaborare e metabolizzare lo shock dell’ incindente che gli costò quasi la vita ). Il tutto poi crolla nel finale con lo scontro, all’ ombra della Torre, tra Roland e la sua nemesi, il mefistofelico Re Rosso. Dopo averlo letto, ho fissato per un quarto d’ ora la pagina a bocca aperta, non sapendo se ridere istericamente o prendere il primo aereo per il Maine. E non per fare i complimenti al “Re dell’ horror”. Il finale vero e proprio resta comunque interessante (quello di Roland, dico; la conclusione delle vicende di Eddy, Susannah e Jake è pietosa), ma non abbastanza da risollevare le sorti generali dell’ opera. Venticinque anni, tanto ci ha messo King ad ultimare questa saga, sono oggettivamente parecchi, e può succedere tuto ed il contrario di tutto. Purtroppo è accaduto il peggio; Stephen King è diventato Stephen King. Da scrittore che aveva qualcosa da dire a scrittore che può dire quello che vuole. Peccato non abbia più niente da dire. Che questo silenzio mascherato da cacofonie inconcludente abbia avvolto una delle epopee più interessanti della storia recente, e che nemmeno uno scrittore come Peter David, il geniale sceneggiatore che cura gli spin off a fumetti, riesca a dar voce a tanto vuoto, nobilitato almeno dalle evocative tavole di Jae Lee. Peccato davvero. Ka cinico e baro.
-La notizia del giorno: Madonna terrà regolarmente il suo concerto a Varsavia, nonostante le proteste degli ultracattolici. Che, accecati dalla fede, non si rendono conto che la Polonia deve avere ciclicamente le sue sciagure.
-La frase del giorno: “Troppo spesso l’ uomo diventa furbo invece di diventare saggio”. (R. Serling)
Permettemi in chiusura di augurare a voi un ferragosto discreto (non siate così presuntuosi da volerlo addirittura “buono”, su su su) ed a me un passabile Clive Barker Day.
E se non avete idea di dove trascorrere la giornata di domani... permettermi di darvi un video- consiglio.
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