Sotto un cielo indeciso tra sole e pioggia, sono andato a sbrigare alcune commissioni. In cuffia, musica che non ascoltavo da parecchio tempo: “Il fantasma dell’ Opera”, nella versione cinematografica del 2004, tratta dal musical di Andrew Lloyd Weber, con Gerard Buttler (noto ai più come il Leonida di “300”, ed alle più come “il manzo di 300”) nella parte di Eric. Ovviamente ho ascoltato l’ originale inglese, non il demenziale adattamento italiano che all’ epoca mi portò quasi al seppuku in platea tanto era il disgusto. Simona fermò la mia mano... o forse cercò di fregarmi il dotanuki per accopparsi prima lei. Oh, vabbhè; se sono ancora qui è comunque merito suo. O colpa, dipende dai punti di vista. Tornando a noi, prima ancora della versione originale del film di Schumacher (inferiore comunque al capolavoro del 1925 con Lon Chaney e nonostante qualche libertà di troppo superiore a quasi tutti gli altri adattamenti, compreso quello firmato Dario Argento ) ho sempre amato la figura di Eric, il genio costretto a vivere da reietto nei sotterranei dell’ Opèra di Parigi a causa del suo volto deformato da una rarissima malattia.
Il romanzo di Leroux, figlio del suo tempo, associava la perversione e la malvagità come caratteristiche inscindibili di una mostruosità che deve (e non può che ) soccombere di fronte alla purezza- bellezza degli insipidi “buoni” che si opporranno al Fantasma. Il film di Schumacher restituisce giustizia al nostro Eric, rendendolo una personalità complessa e tormentata che non chiede altro che un po’ dell’ amore sempre negatogli da una società dove, oggi come allora, il primo imperativo categorico è “apparire”. E se un destino cinico, baro ed un po’ figlio di puttana impedirà ad Eric di ottenere ciò che vuole, o meglio gli spetta, lo spettatore non può non essere solidale con lui, applaudirlo quando all’ apice della collera fa precipitare il gigantesco lampadario dell’ Opèra sulla platea gremita di folla, metafora di sogni e speranze luminose destinate a frantumarsi contro il bigotto perbenismo in abito da sera. Quantomeno, io l’ ho fatto. Giustifico e comprendo ciascuno degli omicidi, ciascuna delle violenze che Eric compie nei confronti dei “normali”. Sono un sadico perverso? Non so. Di certo mi riesce più facile identificarmi con Eric, con John Merrick, con i romantici freak di Browning e con i malinconici mostriciattoli burtoniani che con i probi, perfetti ed ottusi araldi del bene. Se quel lampadario lo avesse fatto precipitare il bel Raoul su un’ ipotetica masnada di deformi servi di Eric, quanti di noi avrebbero pensato “ecco, ben vi sta!” ? Fossero stati i “normali” a dare una lezione ai fenomeni da baraccone che si accaniscono su Hercules e Cleopatra, il film di Browning sarebbe stato osteggiato così come lo è stato per anni? Quanti hanno davvero percepito il dolore straziante dell’ Uomo Elefante, specialmente oggi, in una società dove deformità assortite diventano mezzi per conquistare effimere celebrità in show televisivi seguitissimi? John voleva solo essere considerato come l’ uomo che era. Eric voleva solo essere amato, così come il piccolo Hans ed il bambino ostrica di Tim Burton, che invece muore solo, malinconicamente, sacrificato agli appetiti egoistici del suo stesso padre. Il suo fratello maggiore, Edward, dovrà rassegnarsi ad una vita di solitudine, lontano da un mondo che non comprende le sue mani a forbice. Quanto è lunga la lista di questi infelici. Quanto è difficile per noi comprenderli. Un amico mi ha detto, a proposito di “Comitato di quartiere”, che i mostri buoni non lo avevano convinto. Gli ho fatto notare che in “Comitato di quartiere” i mostri hanno rolex, giacca, cravatta, auto sportive e conti in banca a sei zeri. “Hai ragione”, mi ha risposto. Sono soddisfazioni. Forse i primi passi di un cammino che sarà lungo.
Forse tra qualche anno Eric non dovrà più vivere come un reietto nelle fogne di un teatro, Hans troverà una Cleopatra che possa amarlo per ciò che è, John potrà essere ospitato nei club esclusivi per ciò che ha dentro e non per ciò che è fuori, ed il Bambino Ostrica potrà diventare un Uomo Ostrica, avere un lavoro onesto, sposarsi e vivere felice.
Forse tutto questo un giorno succederà come moto spontaneo, e non come ipocrita solidarietà nei confronti del “diverso”.
Forse un giorno capiremo, come diceva Tiziano Sclavi, che sono i mostri ad aver bisogno d’ amore.
Come noi.
Più di noi.
-La notizia del giorno: noemi letizia, la figlia segreta/ amante/ quello che era di papi silvio, premiata come “artista del futuro”. Capito perchè rimpiango tanto il passato?
-La frase del giorno:
Il romanzo di Leroux, figlio del suo tempo, associava la perversione e la malvagità come caratteristiche inscindibili di una mostruosità che deve (e non può che ) soccombere di fronte alla purezza- bellezza degli insipidi “buoni” che si opporranno al Fantasma. Il film di Schumacher restituisce giustizia al nostro Eric, rendendolo una personalità complessa e tormentata che non chiede altro che un po’ dell’ amore sempre negatogli da una società dove, oggi come allora, il primo imperativo categorico è “apparire”. E se un destino cinico, baro ed un po’ figlio di puttana impedirà ad Eric di ottenere ciò che vuole, o meglio gli spetta, lo spettatore non può non essere solidale con lui, applaudirlo quando all’ apice della collera fa precipitare il gigantesco lampadario dell’ Opèra sulla platea gremita di folla, metafora di sogni e speranze luminose destinate a frantumarsi contro il bigotto perbenismo in abito da sera. Quantomeno, io l’ ho fatto. Giustifico e comprendo ciascuno degli omicidi, ciascuna delle violenze che Eric compie nei confronti dei “normali”. Sono un sadico perverso? Non so. Di certo mi riesce più facile identificarmi con Eric, con John Merrick, con i romantici freak di Browning e con i malinconici mostriciattoli burtoniani che con i probi, perfetti ed ottusi araldi del bene. Se quel lampadario lo avesse fatto precipitare il bel Raoul su un’ ipotetica masnada di deformi servi di Eric, quanti di noi avrebbero pensato “ecco, ben vi sta!” ? Fossero stati i “normali” a dare una lezione ai fenomeni da baraccone che si accaniscono su Hercules e Cleopatra, il film di Browning sarebbe stato osteggiato così come lo è stato per anni? Quanti hanno davvero percepito il dolore straziante dell’ Uomo Elefante, specialmente oggi, in una società dove deformità assortite diventano mezzi per conquistare effimere celebrità in show televisivi seguitissimi? John voleva solo essere considerato come l’ uomo che era. Eric voleva solo essere amato, così come il piccolo Hans ed il bambino ostrica di Tim Burton, che invece muore solo, malinconicamente, sacrificato agli appetiti egoistici del suo stesso padre. Il suo fratello maggiore, Edward, dovrà rassegnarsi ad una vita di solitudine, lontano da un mondo che non comprende le sue mani a forbice. Quanto è lunga la lista di questi infelici. Quanto è difficile per noi comprenderli. Un amico mi ha detto, a proposito di “Comitato di quartiere”, che i mostri buoni non lo avevano convinto. Gli ho fatto notare che in “Comitato di quartiere” i mostri hanno rolex, giacca, cravatta, auto sportive e conti in banca a sei zeri. “Hai ragione”, mi ha risposto. Sono soddisfazioni. Forse i primi passi di un cammino che sarà lungo.
Forse tra qualche anno Eric non dovrà più vivere come un reietto nelle fogne di un teatro, Hans troverà una Cleopatra che possa amarlo per ciò che è, John potrà essere ospitato nei club esclusivi per ciò che ha dentro e non per ciò che è fuori, ed il Bambino Ostrica potrà diventare un Uomo Ostrica, avere un lavoro onesto, sposarsi e vivere felice.
Forse tutto questo un giorno succederà come moto spontaneo, e non come ipocrita solidarietà nei confronti del “diverso”.
Forse un giorno capiremo, come diceva Tiziano Sclavi, che sono i mostri ad aver bisogno d’ amore.
Come noi.
Più di noi.
-La notizia del giorno: noemi letizia, la figlia segreta/ amante/ quello che era di papi silvio, premiata come “artista del futuro”. Capito perchè rimpiango tanto il passato?
-La frase del giorno:
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