domenica 23 gennaio 2011

W. I. P.- Brevi in cronaca

No, non sono sparito. Né mi sono dimenticato del blog. Vero, in questi ultimi due mesi ho rivisto e riconsiderato le priorità cui dedicarmi, ma se questo spazio è relativamente trascurato è per mancanza di tempo, non certo di interesse. La qual mancanza di tempo ha inciso anche, negativamente, sulla mia produzione letteraria. Si può tranquillamente dire che, al momento, i romanzi su cui lavoravo sono tutti fermi; un’opera di ampio respiro necessita di corrispondenti spazi temporali e mentali per poter essere scritta al meglio, obiettivo che modestamente sempre perseguo (che poi l’abbia centrato ogni volta è un altro paio di maniche; che 99 volte su 100 quel che scrivo mi fa cagare è completamente tutt’altro cappotto). Altrimenti,se dovessi riempire dei fogli con le prime stupidaggini che mi vengono in mente, prese dal peggio del peggio dei media di genere, sarei licia troisi… e non dispongo certo come lei di indiscutibili doti autoriali per poter sperare di essere pubblicato da mondadori. Per fortuna. Così, dovendo fare di necessità virtù, ho ripreso a cimentarmi con una forma narrativa più adatta alle esigenze attuali, ovvero il racconto breve. Un esercizio utile, anche per affinare quella capacità di sintesi che spesso mi manca, nonché per sperimentare stili diversi, meno diretti ma ugualmente efficaci.
Attualmente ho un parto “riuscito” ed altri due pargoli in gestazione:

-“Chat” è l’ultimogenito di casa Pedersen, è per certi aspetti la cosa più autobiografica che abbia mai scritto e, come suggerisce il titolo, si propone come un classico racconto di forma epistolare adeguato al XXI secolo. La struttura narrativa “in prima persona” mi è sempre stata congeniale, ma quella dove la storia progredisce in una molteplicità di punti di vista mi stuzzica anche di più. Proprio pochi giorni fa ho terminato “Il Libro dei Teschi” di Robert Silverberg (grazie alla mia dolce metà per avermi fatto scoprire questo gioiello, che caldamente vi consiglio), un perfetto esempio di storia la cui narrazione progredisce scandita da più punti di vista, spesso in conflitto tra loro; nel mio piccolo, avevo tentato qualcosa di simile con “Il Palazzo Giallo”, contenuto in “Racconti a Margine”. Ritentare l’esperimento, adeguandolo alle più attuali forme comunicative (ed aumentando, così, il disorientamento del lettore, cui spetta l’ultima parola sulla vicenda) era un passo obbligato. Il risultato? Apprezzato da chi l’ha letto, ma qualcosina devo ancora aggiustarlo.

-“Pamplona” è il secondo racconto della triade, ve ne avevo già accennato, e sta diventando un parto di proporzioni equine. L’idea di base è che, al di là di tanti bei discorsi, l’intrinseca violenza della nostra natura non aspetta altro che l’occasione giusta per esplodere. Meglio ancora se ammantata di una nobile causa (nobile per chi la sostiene, ovviamente). Se poi qualcuno ci desse l’opportunità di liberarla completamente, senza alcuna ripercussione o quasi, i freni inibitori (auto)imposti dalla cosiddetta “civiltà” salterebbero del tutto. All’inizio il tutto mi pareva debole, dal punto di vista della credibilità; la presentazione di un libro cui ho partecipato mesi fa e la lettura de “La Notte del Drive In” di Lansdale mi hanno fatto ricredere. Dopo una falsa partenza, credo di aver imboccato la strada giusta. Adesso devo solo trovare lo slancio per tagliare il traguardo, che è lì, in vista, a nemmeno cento metri. Se solo riuscissi a staccarmi da questo punto- ristoro…

-Chiudiamo con “La Nonna”… e non sarei del tutto onesto se dicessi che è un’idea nuova. La domanda di partenza è: l’Uomo Nero, il famigerato babau che nonne e genitori usavano per convincerci a mangiare anche il grasso del prosciutto, fa ancora paura? Cosa spaventa davvero le nuove generazioni? E soprattutto: perché l’Uomo Nero deve per forza essere cattivo? Spunti recentissimi, nato da una chiacchierata scherzosa, che hanno fatto accendere la proverbiale lampadina, scatenando una sequela di associazioni di idee conclusasi con un tuffo nel passato. Saltano fuori, infatti, due miei vecchissimi racconti che trattavano di abusi su minori e che, come tutti i miei vecchissimi racconti, avevano bisogno di una bella mano di vernice (ecco perché dico che, pur essendo gli spunti freschi di giornata, l’idea su come sviluppare il tutto non lo è: la datazione al carbonio conferma che risale a 22 anni fa). In questo caso, però, ho pensato bene di buttar giù anche un paio di pareti divisorie, così da rendere “Clarence” e “Il Cassetto” una cosa sola. Il titolo arriva dritto dritto da quest’ultimo, così come gran parte delle atmosfere. Per la cronaca, “La Nonna” è il mio primo racconto che, pur partendo da una singola trama, si è sviluppata in due modi diversi: uno prettamente favolistico, l’altro molto più esplicito. Alla fine ha avuto il sopravvento il primo; vorrei rendelo il più possibile adatto anche a lettori 0- 12, non mi essendomi mai cimentato con una vera e propria fiaba “dark” adatta a tutte le età. Certo, c’è stato “La Principessa Nel Cristallo”… ma dubito che potesse essere apprezzato grandi & piccini. Cosa combinerò con questo nuovo tentativo lo sapremo a fatto compiuto. Come sempre, sarete informati dei risultati tempestivamente. O quasi.

-La notizia del giorno: ruby non ha mai preso cinque milioni di euro da berlusconi. Figurarsi se una del genere si accontentava della tariffa minima.

-La frase del giorno: “La miseria morale non ha partito.” (E. Biagi)

4 commenti:

  1. Cavoli O_O ne hai di idee eh! Alla faccia mia che manco mezza me ne viene >.> (sì, lo so... leggo troppi fantasy!!!! Devo variare!!! inutile che me lo dici tanto lo so che mi avresti detto così :P), cmq sn tutti argomenti e spunti di libri, anzi racconti brevi. Complimenti ancora, bobby!!!

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  2. Per come la vedo io, non è solo una questione di influenze letterarie, ma di qualità della vita, in generale. La nostra ispirazione dipende da come viviamo, da quali lussi - piccoli o grandi che siano - ci concediamo, a livello culturale, certo, ma anche di semplici piaceri dei sensi. Riuscire a concedersi ogni giorno anche solo quella piccola cosa che ci rende felici fa sicuramente bene al cuore, ma anche e soprattutto alla mente. Ci libera da un po' di stress e ci rende più recettivi di ciò che di piccolo o grande ci succede attorno. E a volte basta davvero un niente a suggerirci un buono spunto per una storia; basta notarlo, quel niente... e prendersi la briga di rifletterci sopra un attimo. Spesso due minuti due di orologio sono sufficienti a far scattare la scintilla e dare il via ad un imponente meccanismo creativo. E cercare di concederci ogni giorno uno sfizio differente aumenta la nostra sensibilità agli stimoli e dunque anche la nostra creatività. Che va comunque coltivata, piccolo germoglio in balia delle più infide e meschine intemperie, con un po' d'esercizio e tanta pazienza. Bastano tre righe al giorno, su qualunque sciocchezza o banalità ci passi per la testa lì per lì. "Cosa" - almeno inizialmente - non ha importanza, ciò che conta è mettersi seduti, cominciare a scrivere e lasciare che la penna o le dita sulla tastiera scorrano libere come i propri pensieri e mettano nero su bianco semplicemente quel che si ha voglia di dire in quel momento, senza preoccupazioni e senza limiti. E' anche un esercizio liberatorio, oltre che molto molto utile! Ma va' fatto tutti i giorni, perché funzioni davvero. Tre righe del resto quanto tempo potranno mai sottrarre ai nostri impegni quotidiani?

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  3. Assolutamente vero; dalla lettura si può mutuare uno stile (dove "mutuare" non significa "copiare" o "rubare a mani basse", ma rielaborare, seguire eccetera), ma non certo le idee. Quelle sono quasi sempre lì, nella nostra vita di tutti i giorni, in attesa solo di essere notate. Per dirla con qualcuno, "non bisogna guardare qualcosa e chiedersi perchè, ma piuttosto: perchè no?". E da lì creare. Senza leggere migliaia di volumi o farsi viaggi intorno al mondo in cerca di ispirazione, come afferma qualche scrittore inutilmente e vergognosamente incensato (chi ha detto faletti?). L'importante è cominciare con una frase; il resto vien da sè... e deve piacere solo a noi stessi, se siamo scrittori nel senso più puro del termine, anzichè puerili mestieranti che riempiono le loro pagine di stupidaggini tese solo ad accattivarsi un pubblico di riferimento cresciuto a manga e stronzatelle da mtv (chi ha detto licia troisi e stephenie meyer?)

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  4. PS: ciao Ethel! Che bello sentirti ogni tanto! ^^

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