venerdì 10 settembre 2010

English

Appena tornato dai suoi irrinunciabili viaggi intorno al mondo, l'italiano accusa forti dolori agli arti superiori. Motivo: la sua scarsa propensione all'apprendimento delle lingue ha fatto sì che per tutta la durata del viaggio abbia cercato disperatamente di farsi capire a gesti. Di solito è lo stesso individuo che, nell'avvincente racconto della sua eccitante vita su qualche social network, utilizza a raffica termini inglesi orecchiati chissà dove in sostituzione dei normali aggettivi italiani. Quindi, una canzoncina è catchy, piuttosto che orecchiabile. Un locale è tacky, piuttosto che scadente. La ribollita di mamma è tasty, invece che buona (e lui sa quanto ha sofferto nutrendosi di cibi esotici durante quei dieci giorni di ferie obbligate ed esterofile). E' lo stesso individuo che sogna (purtroppo senza mai realizzarlo) il trasferimento a Londra. Dove dopo una settimana lo ricovererebbero per lussazione di entrambe le clavicole. Qualche anno fa silvio berlusconi lanciò una grande campagna elettorale all'insegna della Scuola delle Tre I: Impresa, Internet, Inglese. Risultato fallimentare. Lo stesso presidente del consiglio, che eccelle nell'Impresa, è arrivato a Internet sono negli ultimi mesi e in quanto alle lingue estere pare cavarsela solo con il francese, appreso alla scuola degli chansonnier. Il resto della nazione lo segue, soprattutto per quanto riguarda la lingua di Shakespeare. Nonostante lo sbandierato insegnamento della seconda lingua ormai fin dalle sale parto, i miei connazionali continuano a ignorare persino le basi dell'idioma anglosassone. Tra ville blindate e auto blu, berlusconi vive un pericoloso scollamento dalla realtà simile a quello che ha portato la sinistra alla sconfitta perenne. Dovrebbe prendere esempio da un genio dell'editoria, sandro mayer, il quale dice di andare al lavoro con la metropolitana così da rendersi conto di cosa dice e cosa legge la gente comune. Poi, sul suo settimanale "di più", sapendo chi è il suo pubblico, fa seguire ogni termine inglese da una bella parentesi in cui è specificata la pronuncia. Così, sotto una foto rubata a simona ventura mentre fa stretching in Costa Smeralda, si specifica: <<(pronuncia: strètcin)>>. Lo ammiro. E spero che la stessa cosa sarà presto fatta anche a beneficio dei nostri colti telegiornalisti quando sono alle prese con termini tedeschi che pronunciano all'inglese. Doicce bènk. Ciò nonostante, i cinema sono pieni di film con titoli in inglese. Perchè The Interpreter non è stato tradotto con L'interprete? Perchè Death at a Funeral di Frank Oz fu "tradotto" con Funeral Party? E le traduzioni insensate! Strawberry Blond (1941) fu reso con Bionda fragola. Ma strawberry blond significa rosso tiziano, quello dei capelli della protagonista, Rita Hayworth. Tornato a casa, il nostro eroe trova la città tappezzata di manifesti che pubblicizzano corsi miracolosi all'insegna della Union Jack (pronuncia: iùnion gèc): in tre mesi parlerete inglese come un rapper americano. Pagate uno sproposito e vi chiudono in una celletta con un ex idraulico scozzese semiubriaco che, stanco di haggis (una delle cose più disgustose concepite da mente culinaria), è fuggito in Italia. Alla fine avrete l'accento pesantissimo del cantante scozzese Paolo Nutini, oscuro agli stessi inglesi. Un tempo c'erano i corsi su dischi della Linguaphone. Amanda Lear disse di aver imparato l'italiano grazie a quelli. O c'erano le dispense della De Agostini. Oggi quei corsi non escono nemmeno più perchè hanno un difetto: richiedono studio e applicazione. Troppa fatica. Il nuovo britannomane vuole tutto e subito. Tre mesi di catchy, tacky & tasty e via! Si prende il primo low cost e si conquista il mondo. Alberto Sordi aveva già distrutto questa categoria in Fumo di Londra (1966). Ma fece un errore. Arrivato in Inghilterra, l'antiquario Dante Fontana incontrava solo inglesi che parlavano un italiano corretto, sebbene con un accento comido da Mal dei Primitives. Non illudetevi, è fantascienza. Gli inglesi non parlano che l'inglese. Gli americani nemmeno quello.

(Articolo di Tommaso Labranca tratto da FilmTV #35 del settembre 2010. Copyright degli aventi diritto. Minuscoli, dove presenti, miei.)

1 commento:

  1. Inutile dirlo, ormai Labranca è diventato uno dei miei idoli e ti ringrazio, Bobby, per avermelo fatto scoprire. In effetti gli stranieri ci prendono continuamente in giro per il nostro inglese tragicomico. Tutto ciò mi ricorda i commenti di una che ho conosciuto, con cui poi ho rotto. Lei è brasiliana e derideva spesso la commessa del Mc Donald's dell'Ipercoop perché pronunciava "eppy millll"... ^^

    RispondiElimina

I più letti