venerdì 28 agosto 2009

Sine Rush (finale)

Le mie esperienze coi giochi di ruolo sono state rare e meravigliose; purtroppo troppi impegni lavorativi e non, uniti ad una pigrizia atavica, mi hanno sempre impedito di dedicarmi come vorrei a questo tipo di passatempo. Non me ne vogliano i giocatori duri e puri se li definisco così; io di solito gioco per divertirmi, e con gli RPG il divertimento non mi è mai mancato. In questo senso devo moltissimo a Mabelle che me li ha fatti scoprire sia dal punto di vista salottiero (ricordo ancora un nostro amico che, ritrovatosi schiacciato da un cargo per motivi mai del tutto chiariti, si doveva sentire... come dire... leggermente oppresso), sia dal punto di vista dei cosiddetti “live”, dove il tutto non si esaurisce lanciando dadi e segnando i punteggi su un foglio, ma interpretando il personaggio con tutto te stesso. Letteralmente. La mia ultima esperienza in tal senso mi vide morire sotto i colpi di non ricordo più quali avversari (elfi ? Umani? Maaabeeelleee!!!) in un afoso pomeriggio estivo a Parco Sempione. Dopodichè, a malincuore, non trovai più il tempo per ripetere esperienze simili. Almeno fino a quando, qualche anno fa, non venni invitato dall’ altra parte della barricata. Andò più o meno così. Mi stavo dedicando a “Nel nome di un ricordo inesistente”, e Marga mi chiese se, nei ritagli di tempo, potevo dare una mano per ravvivare il gioco di ruolo al quale stava partecipando. Cosa dovevo fare, esattamente? In pratica aiutare il master (cioè quello che, semplificando molto, si potrebbe definire l’ arbitro, il cui compito è sviluppare l’ avventura e tenere sotto controllo lo stato dei vari giocatori....ho detto bene? Maaaaabeeeelleee!!! ) a far sì che le sessioni di gioco fossero un po’ meno banali di quanto proposto dal manuale base del gioco. Potevo farlo? Uhm, potevo almeno provarci, anche perchè l’ incipit era particolarmente stuzzicante. La premessa di base era che la seconda guerra mondiale fosse stata interrotta per “cause di forza maggiore”; i morti, infatti, avevano inspiegabilmente cominciato a risorgere ed attaccare i vivi, nella miglior tradizione zombesca. L’ evento provocò, oltre all’ interruzione delle ostilità, profondi cambiamenti geopolitici; isole in quarantena lasciate in balia di orde decerebrate di Morti, la Russia trasformata in una nazione militarista dalle caratteristiche steampunk, Rommel che prendeva il potere in Germani proclamando il Quarto Reich, l’ America probabilmente autodistrutta da un olocausto nucleare... ed in Italia il potere tornava saldamente nelle mani del vaticano, che non perdeva tempo a riprecipitare la nazione in pieno Medioevo. In questo scenario, che trovai già in gran parte pronto grazie sia al manuale sia alle avventure pregresse orchestrate dal master arrivai io, proprio mentre i nostri eroi, cioè i giocatori, sono assediati dagli zombi in una chiesa sconsacrata appena fuori Busto Arsizio. Sul perchè fossero finiti lì non mi dilungo per evitare spoiler; la speranza è che questa storia prima o poi la leggiate. Eh già, perchè mentre io e Samu buttavamo giù canovacci per le varie sessioni, saltò fuori che le cose erano molto più complicate di quanto entrambi potessimo prevedere. Praticamente nessuno dei personaggi era quello che sembrava in realtà (con loro grande sorpresa), le cose non erano affatto lineari come sembravano, e l’ improvvisa resurrezione dei morti non era nè casuale nè legata al solito esperimento bellico sfuggito di mano. Il risultato di tutto questo furono serate in cui giocatori spaesatissimi si ritrovavano a far fronte a situazione del tutto imprevedibili, con nuovi tasselli che si aggiungevano di volta in volta per la soddisfazione loro e nostra (anche se ho scoperto che, da autore, è dannatamente frustrante gestire personaggi che non vogliono saperne di fare quello che di riffa o di raffa devono fare). L’ avventura purtroppo non arrivò mai a conclusione, per tutta una serie di motivi più o meno validi, ma quasi tutti spiacevoli. La quantità di materiale a disposizione, però, esigeva di trovare una forma compiuta ed una conclusione. Il risultato è la trilogia a cui sto lavorando da qualche anno, e che riprende il nome del gioco da cui è ispirata, cioè “Sine Requie”. Il primo volume, “Waiting for the worms”, ricalca in maniera abbastanza fedele quanto accaduto nelle sessioni giocate. Alcune cose ho dovuto aggiustarle e renderle più fluide per adattarle alla narrazione. Il Sodomizzatore Crudele, però, è rimasto, per la gioia di grandi e piccini. Oggi ho cominciato l’ ultima parte di “Children of the damned”, il secondo volume, che si svolge sette mesi dopo la fine di “Waiting” e colma questo gap temporale attraverso una serie di flashback che i protagonisti narrano al Pellegrino, ossia Andras (di cui un giorno o l’ altro, sospetto, dovrò parlarvi). E devo dire che, se da una parte mi ero inzialmente lamentato di dovermi attenere a quanto avvenuto nelle sessioni, cosa che per certi versi trovavo abbastanza frustrante perchè credevo limitasse la mia creatività, oggi rimpiango di dover scrivere “a mano libera”, per così dire, le avventure di Ashley, Bubi, Gustavo, Razy, Paige e Mary. Spesso mi sono impantanato nel chiedermi come avrebbero reagito di fronte alle situazioni in cui li ho messi. Nel bene e nel male, ne sono (siamo) usciti.Chi l’ ha letto, finora, ne è rimasto soddisfatto. Spero di non deluderli nè con il finale del secondo tomo, nè con l’ epilogo della vicenda, che occuperà gran parte del terzo volume. Spero anche che tutti arrivino vivi, se non proprio sani e salvi, alla fatidica fine. Ma come si suol dire, questo lo scopriremo solo vivendo. O morendo e risorgendo. In fondo, qui si può fare.
Ma non fosse stato per Marga, Samu e tutti coloro che hanno accettato il mio salire a bordo a metà strada, avrei perso molti momenti di puro divertimento. Quindi, anche se un po’ in ritardo, grazie di aver condiviso con me quelle serate e quelle battaglie. Per sdebitarmi, cercherò di darvi almeno una degna sepoltura. E di assicurarmi che qualche cacciatore di Morti non torni ad impallinare le vostre carcasse semiputrefatte. Anche questa, dopotutto, è una prova di stima ed amcizia, no? (Lo aggrediscono con dei grossi randelli....)


-La notizia del giorno: è scontro tra governo e vaticano sui migranti. A riprova che le grandi organizzazioni criminali preferiscono servirsi di manodopera straniera per i loro loschi traffici.

-La frase del giorno: “Chissà perchè quando qualcuno muore si dice sempre: è la vita”. (Tiziano Sclavi)

6 commenti:

  1. In tutti i libri dovrebbe esserci un Sodomizzatore Crudele.
    La storia sembra interessante, nonostante i miei preconcetti sui giochi di ruolo...

    RispondiElimina
  2. Ma in quasi tutti i libri c' è un Sodomizzatore Crudele. Di solito è l' autore... XD

    RispondiElimina
  3. @Antonella: i preconcetti legati ai giochi di ruolo sono un retaggio dovuto ad una stigmatizzazione subita dal genere negli anni, dovuta a malainformazione da parte dei media (che strano). Se ti interessa approfondire l'argomento possiamo sentirci in privato, non voglio monopolizzare lo spazio di Bobby :)

    @Bobby: eravamo un gruppo di simpatici elfi oscuri ed era Bosco in città, non parco sempione. Il Master invece riveste il ruolo di narratore e arbitro, può scegliere di narrare un'avventura già scritta su un modulo o un manuale, oppure può inventare lui la sua storia.
    Il ruolo del master è importante perchè oltre che occuparsi della parte regolistica deve seguire la parte importantissima che è la narrazione dinamica (si perchè molto spesso i giocatori si comporteranno nel modo che non si è previsto) e gestire tutti i personaggi di contorno e gli anttagonisti dei personaggi.
    In questo caso quindi il media del gdr come strumento di narrazione è soggetto a mille cambiamenti in corso d'opera.

    RispondiElimina
  4. No no, approfondite pure qui, se volete! C'è un tagboard là in alto apposta.... non fatemi pensare di averlo messo per niente! (e grazie delle precisazioni, Mab! ;* )

    RispondiElimina
  5. anche la sottoscritta è piuttosto scettica sui giochi di ruolo... ma vuole fugare ogni pregiudizio!!!

    RispondiElimina
  6. Non credo si tratti di stigmatizzazione da parte dei media, visto che è una realtà che ho conosciuto soltanto dal vivo (=avevo degli amici che lo facevano, però fermandosi allo stadio "salotto"). Il punto è che non capisco come si possa sfondare con tanta violenza il muro tra realtà e fantasia, partendo dal fatto che essa per me è sacrosanta.

    RispondiElimina

I più letti